L’arte recitativa di Alessio Boni
Ci sono attori che a cui spesso il successo nuoce e attori che invece accettano il successo come una sfida costante tra una performance e un’altra, per offrire sempre al meglio la complessità dell’animo umano, le sue inquiete girandole, la vorticosa caduta nell’oscurità o l’esaltante conquista di un obiettivo prefissato.
Abbiamo seguito con attenzione in questi anni le tante interpretazioni di Alessio Boni, attore amato dal grande pubblico per le sue incisive e spesso drammatiche interpretazioni televisive come La strada di casa, Di padre in figlia, Gli anni spezzati, Guerra e pace, ed anche nelle più raffinate rappresentazioni teatrali di cui è stato protagonista nelle ultime stagioni: Il Dio della carneficina, Art, Il visitatore, I duellanti. Attesissimo è adesso il Don Chisciotte che ha iniziato il suo tour il 22 gennaio 2019.
Ebbene, ci sentiamo di affermare che Alessio Boni, in maniera originale e sorprendente, è riuscito sempre a trasportarci, con la sua arte recitativa, nella dimensione esistenziale dell’uomo contemporaneo, spesso drammatica, ma sempre protesa verso una prospettiva di rinascita. Anche quando il personaggio interpretato indulgeva in sussulti espressivi disarmonici e impietosi, la sua capacità di lasciar trasparire l’interiorità più profonda, ha dato slancio e forza a personaggi apparentemente oscuri.
Lo testimonia l’ultima sua performance nella serie televiosiva La Compagnia del Cigno, conclusasi lunedì 4 febbraio su Rai 1, e di cui abbiamo già parlato ampiamente nell’articolo di Edoardo Zaccagnini, che ha fatto chiarezza sui contenuti della vicenda, dopo alcune polemiche di carattere pedagogico proprio sul ruolo del maestro Marioni interpretato da Boni.
Un personaggio sicuramente scomodo e apparentemente contraddittorio, per certi versi odioso, quello di Marioni: gli studenti lo avevano soprannominato “il bastardo” per sottolineare la sua implacabile furia comportamentale, la sua durezza verbale che non indulgeva a sconti. Personaggio quindi rischioso, ai limiti della tollerabilità, che Alessio Boni è riuscito a rendere umano e anche affascinante.
La sua interpretazione, giocata sulle inflessioni vocali e in una mimica facciale di forte espressività, ci ha permesso subito di cogliere, fin dalle prime battute, dietro la violenza verbale, il ghigno della sofferenza e la dimensione psicologica della conflittualità interiore, lasciando così trasparire, espandendoli, i sentimenti dominanti.
Non era per niente facile calarsi in una dinamica interpretativa che doveva coniugare in tempi ravvicinati passione, sfida educativa, vuoto esistenziale, fallimento relazionale. Come non era facile connettere questi incontri-scontri interiori tra dinamiche realmente complesse. Con un’arte dosata su vibrazioni interpretative iperboliche, Alessio Boni ci ha offerto, in una sintesi valoriale, una grande interpretazione, fino al punto da trasportarci nel suo dramma esistenziale di uomo e di educatore e poter cogliere così quella chiave di volta finale di chiara e incontrovertibile lettura: l’avvenuta pacificazione di un uomo che stava lottando fortemente per la vita, proprio quandoquesta sembrava trascinarlo nel baratro più nero.
Lo spettatore in quel preciso momento ha sentito interiormente un ciak tra la propria esistenza e quella del maestro Marioni: ed è questo il massimo che un attore possa raggiungere con la sua arte.