L’arte, la croce, Maria
Quando questo numero di Città Nuova arriverà nelle nostre case, sarà trascorso del tempo da quel 15 aprile che ci ha di colpo “portati” a Parigi attorno a ciò che rimaneva della splendida cattedrale di Notre Dame avvolta in un rogo impietoso, ma il ricordo sarà ancora vivissimo. Immagini che sono fra quelle destinate a rimanere nella memoria collettiva dell’umanità e che si sono sovrapposte a quelle che tanti di noi hanno impresse nei loro occhi per accadimenti simili avvenuti in Italia: il crollo della cattedrale barocca di Noto, il 19 marzo 1996; quello della volta della Basilica superiore di Assisi in seguito al sisma del 26 settembre 1997; il rogo che distrusse il teatro della Fenice a Venezia il 29 gennaio 1996 o quello che devastò la cupola della Cappella della Sindone nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997.
Ogni volta siamo lì, attoniti, sbigottiti, impotenti. Grati a chi cerca con tutte le proprie forze di limitare i danni – in genere coraggiosi vigili del fuoco –, come a chi con tenacia riporta allo splendore questi patrimoni dell’umanità distrutti. Che sempre rinascono, tornano ad ergersi belli come prima ed anche più perché testimoniano con la loro storia che sulle macerie si può ricostruire. E alla loro ricostruzione contribuiscono le forze più diverse. Come sta succedendo anche nel caso di Notre Dame.
Tanti gli spunti che evoca quanto successo a Parigi. Ne vorrei sottolineare brevemente tre. Quasi in maniera emblematica il fatto è avvenuto all’inizio della settimana santa, a ricordarci il mistero di morte e risurrezione su cui si fonda il cristianesimo. E forse quella croce rimasta intatta sull’altare centrale ci ricorda che l’amore di un Dio che ha dato la vita per noi è più forte di ogni cosa. Anche delle tempeste che agitano la Chiesa – e non quella fatta di pietre –, di oggi e di sempre.
«Je vou salue, Marie», «Ti saluto, Maria». È la preghiera che è riecheggiata forte lungo le vie di Parigi e non solo. Nei momenti di crisi è a Maria che si fa ricorso e forse avevamo bisogno di ricordarci che la Madre di Dio, col suo sì ripetuto lungo tutta la vita, ha avuto dall’inizio un ruolo fondamentale nella storia dell’umanità. Anche nella nostra di oggi.
Infine un accenno al ruolo unico e insostituibile dell’arte. Come scriveva Simon Weil, filosofa e mistica francese «nell’arte vera c’è quasi una specie d’incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile».
In fondo, anche in queste circostanze, tutto ci invita a puntare lo sguardo in alto.