L’arte difficile di essere madre
Anche dietro uno sguardo o un ascolto apparentemente distratto si celano metodi educativi. Ce lo racconta con due simpatici aneddoti l’autrice Anna Maria Zanzucchi de L’arte difficile di essere madre per l’editrice Città nuova
Siamo alle solite beghe riguardo la festa della mamma. Ricorrenza commerciale o no? Al là di ogni abuso consumistico, questo giorno è sicuramente un’occasione buona per essere riconoscenti a chi ci ha dato la vita. A lei che poco importa se si ritrova i giocattoli del suo bambino tra i piedi o si alza la notte quando ha la febbre o se deve dire – a malincuore –, il suo secco «no».
E sa anche che oggi il suo piccolo avrà una poesia o un disegno naïf per festeggiarla e che per interpretarlo occorrerà tutto l’amore possibile. Ma non importa: il cuore di una mamma si riempie di gioia lo stesso. Nel rapportarsi con il proprio “cucciolo” nulla le sfugge.
Essere mamma, però è un mestiere complesso, con molte sfumature differenti. Anzi, per dirla con il titolo del libro di Anna Maria Zanzucchi – long seller dell’editrice Città nuova –, si tratta de L’arte difficile di essere madre, perché bisogna essere coscienti fin dalla nascita che è nato un uomo: «quasi prima di sentirmelo figlio – dice nel libro –, me lo sono sentito e me lo sento fratello. Me lo sento accanto, grande come me, grande come ogni uomo che c’è su questa terra». A volte però non servono le parole ad una mamma. Possono essere sufficiente l’occhio buttato su dei fogli o lo sferruzzare su di una poltrona per capire qualcosa in più dei figli ed aiutarli a crescere. Ce lo racconta la stessa autrice, con due semplici aneddoti personali raccontati nel libro.
Osservare
«Guardando i bambini come giocano, da soli o in compagnia (…) mi sono resa un po’ conto dei loro caratteri, più o meno socievoli, più o meno introversi, tanto da poter intervenire in qualche modo per la loro educazione. Quando riordino la casa il mattino, trovo nelle stanze delle bambine, o nella stanza dei ragazzi, i disegni fatti da loro durante il pomeriggio nel tempo libero, sulla copertina di un libro, o sull’angolo di un foglio. Anche il disegno è espressione del loro carattere del loro stato d’animo del momento, del loro studio sulle cose e sugli altri.
«Un giorno siamo andati fuori, in campagna, attrezzati di fogli di carta da disegno, pennelli, matite colorate. Abbiamo scelto come soggetto una vecchia casa sul cucuzzolo di un colle qui vicino a Roma e: via! Ci siamo messi tutti a riprodurla. I disegni dei cinque bambini erano così diversi l’uno dall’altro che si poteva capire quanto ciascuno sia unico e non si ripeta nell’altro. In uno si intravedeva il senso dell’ordine, in un altro la fantasia, un’altra la sensibilità artistica…».
Ascoltare
«A volte sembra che parlino a vanvera o che dicano cose di poco conto, ma che devo ascoltarli lo stesso: le cose che proprio non hanno nessun valore cadranno da sé: l’importante è ascoltarli per conoscerli sempre meglio. Talvolta… cerco di trovare un po’ di tempo e magari mi siedo su una poltrona a sferruzzare un pullover per loro. Sembra quasi matematico, ma poco dopo ne vedo arrivare uno, poi l’altro… che mi racconta qualcosa che è successo a scuola, e comincia a parlare.
«Ma se io non mi fossi seduta a quella poltrona e avessi fatto finta di non aver niente da fare… di sicuro questa bambina non si sarebbe aperta… C’è stato un anno un pochino difficile, nel senso che i ragazzi avevano avuto dei momenti, se non proprio di crisi, per lo meno dei passaggi faticosi. In quella circostanza ho fatto parecchi maglioni, perché sentivo la necessità che i bambini mi trovassero libera da qualsiasi occupazione».