L’arte del “generare”

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Donne in azione, coscienti della realtà non sempre facile in cui si muovono, che sanno suggerire percorsi senza dover per forza ricorrere a rivendicazioni, che sanno ascoltare ma anche proporre. Le incontri, le ascolti queste persone nella tre giorni di riflessione promossa a Roma dal Pontificio consiglio per i laici: Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza, a vent’anni dalla Mulieris dignitatem. Circa 250 i partecipanti, per lo più donne, appunto, provenienti da 49 Paesi dei cinque continenti, impegnate nella diplomazia e nelle accademie, in rappresentanza di più di quaranta conferenze episcopali, 15 associazioni cattoliche, 35 movimenti ecclesiali, varie congregazioni religiose. Si interrogano sull’attualità della lettera apostolica sulla dignità e vocazione della donna, un grande dono per la Chiesa di tutti i tempi, in cui nel 1988 Giovanni Paolo II introdusse nella Chiesa una categoria nuova, quella del genio femminile destinata a fare scuola. Genio che sarebbe tornato più volte in una successiva Lettera alle donne scritta da papa Wojtyla nel 1995 in occasione della IV conferenza mondiale sulla donna svoltasi a Pechino. Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani, diceva il papa polacco. E senza dimenticare quante donne sono state e sono tuttora valutate più per l’a- spetto fisico che per la competenza, la professionalità, le opere dell’intelligenza, la ricchezza della loro sensibilità e, in definitiva, per la dignità stessa del loro essere. Senza tralasciare gli ostacoli che, in tante parti del mondo, ancora impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica, così come la penalizzazione che spesso risulta essere il dono della maternità, la disparità di salario, i soprusi perpetrati nel campo della sessualità frutto di maschilismo aggressivo… Giovanni Paolo II si augurava un’attenta riflessione sul tema del genio della donna, non solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio che va accolto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio nell’insieme della vita sociale, nonché di quella ecclesiale. Auspicio questo che, se vogliamo andare a ritroso, troviamo già nel messaggio finale del Concilio Vaticano II, dicembre 1965: L’ora è venuta in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto, veniva affermato. È la grande novità portata dal cristianesimo che, come ricordava Benedetto XVI nel suo discorso ai partecipanti al convegno, riconosce e proclama l’uguale dignità della donna rispetto all’uomo, da cui viene l’invito ad un impegno dei cristiani perché diventino ovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete. La domanda a questo punto è d’obbligo: Qual è la situazione duemila anni dopo la venuta di Gesù, oltre quaranta anni dopo il Vaticano II, venti anni dopo la Mulieris dignitatem?. Alla necessità di stimoli per la riappropriazione della dignità femminile in una società che cambia in ordine a tanti aspetti, in cui non si vede però che le donne abbiano espresso il meglio di loro stesse. Questa lettera – ha affermato suor Grazia Loparco, salesiana e docente di Storia della Chiesa presso l’Auxilium di Roma – mi sembra un seme che non ha ancora, forse, espresso pienamente i frutti di quello che annunciava e di quello che è nel Vangelo. Non si può negare che, come ha evidenziato in apertura del convegno il card. Rylko, presidente del Consiglio per i laici, si possa registrare la progressiva crescita e diffusione della sensibilità per il riconoscimento effettivo della dignità e dei diritti della donna in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale e politica. Né si possono sottovalutare alcune tendenze dominanti come quella che vorrebbe difendere l’identità femminile facendo della donna l’antagonista dell’uomo o la cosiddetta ideologia del genere, secondo la quale ognuno è libero di scegliere la propria identità sessuale a prescindere dalle evidenze biologiche. Si tratta, certo, di recuperare un rapporto di reciprocità in cui i due si pongano allo stesso livello, l’una accanto all’altro, nessuno sublimato e neanche sottomesso. Un nuovo umanesimo, del quale hanno bisogno tanto l’uomo che la donna. E al quale quest’ultima ha un modo tutto suo di contribuire. Ne ha parlato con toni sereni Paola Bignardi, coordinatrice del Forum internazionale dell’Azione cattolica: Mi pare che l’esperienza della generazione, sia essa fisica o spirituale, costituisca quasi il paradigma della vita della donna, del suo rapporto con la realtà, con sé stessa e con gli altri e possa racchiudere simbolicamente tutta la sua vocazione e la sua missione per la Chiesa e per il mondo. Sarebbe cioè naturale per le donne generare una Chiesa materna e un mondo più umano. Potranno farlo nella misura in cui ci si renderà sempre più conto che c’è bisogno non solo delle loro braccia e del loro tempo, ma soprattutto del loro pensiero e del loro cuore, si sarà disposti a coinvolgerle nei luoghi in cui si pensa, si elabora, si valuta, si decide, accogliendole nella peculiarità del loro modo d’essere, della loro sensibilità, del loro modo di leggere la realtà, di valutare le cose, facendo credito al valore di una differenza che è per la reciprocità . In questo modo quel genio femminile, visto come capacità di guardare lontano con gli occhi del cuore, potrà essere e sarà, una grande risorsa per la Chiesa e per l’umanità.

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