L’Arsenale della Pace ha compiuto trent’anni

Dalla trasformazione di una fabbrica torinese nella quale si producevano armi in un luogo di accoglienza e di ospitalità è nata un'avventura portata avanti da Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, grazie alla solidarietà di migliaia di persone
Giovani all'Arsenale della pace di Torino

Il 2 agosto di trent’anni fa nella vecchia Torino di Lungo Dora succedeva qualcosa che avrebbe lasciato il segno nella storia di questa città e di tanti che vi vivevano o che vi sarebbero arrivati in questi anni di grandi flussi migratori.

L’arsenale militare, la fabbrica da cui uscirono le armi prodotte nel corso del Risorgimento, parte della storia d’Italia, ma anche strumenti di morte, cambiava proprietario e subiva una inversione di marcia decisiva: da generatore di guerra sarebbe diventato luogo di pace. In quella giornata ormai lontana, Ernesto Olivero, il carismatico fondatore del Sermig, uno dei protagonisti della stagione ‘sociale’ della Chiesa torinese, ispirata dal card. Pellegrino – insieme a don Ciotti e al Gruppo Abele e a tante altre iniziative tipiche di quegli anni – varcava per la prima volta il portone di quello che era ormai una fabbrica d’armi in disuso, ridotta a rudere, ma pur sempre il simbolo di un’epoca.

Da allora il Servizio missionario giovani (Sermig), già molto attivo nel torinese ed in tutto il Piemonte, avrebbe avuto una sede, che corrispondeva ad un sogno: convertire il mondo dalla guerra alla pace. «Il sogno di riconvertire un luogo di guerra coinvolse da subito migliaia di giovani e adulti – ricordano alcuni dei protagonisti della prima avventura del Sermig-. Tempo, capacità, risorse, lavoro gratuito: è nato così l’Arsenale della Pace, una casa sempre aperta per chi vuole cambiare, per chi è in difficoltà, per chi vuole cercare il senso della vita».

Chi visita oggi quei 40mila e oltre metri quadrati non riesce pensare che un tempo in quel luogo veniva fabbricata la premessa della guerra e, quindi, della morte. Qui, ormai, si parla di pace e di vita: gli ampi spazi ospitano, infatti, luoghi dedicati all'accoglienza, un poliambulatorio medico, una scuola di musica e di restauro, un asilo e un oratorio multietnico, un’Università del Dialogo’, un centro di solidarietà internazionale, che si è fatto promotore di decine di progetti in un centinaio di Paesi in diverse parti del mondo.

L’arsenale è diventata, però, soprattutto, un luogo di formazione per i giovani. Alla radice c’è una spiritualità che aiuta i partecipanti ai vari programmi formativi a interrogarsi e a impegnarsi a costruire la pace, cominciando dal proprio ambiente con uno sguardo preferenziale per i poveri. La portata del progetto l’ha espressa in modo efficace Ernesto Olivero, con una immagine che non lascia dubbi sulla fattibilità di quella scommessa fatta trent’anni addietro. «Se per grazia di Dio dovessero comparire tutte insieme le persone che ci hanno aiutato e che abbiamo aiutato – afferma Olivero – non basterebbe Torino a contenerle. Lo dico con uno stupore da bambino che fa crescere ancora di più la gratitudine per questi 30 anni». In effetti, come già pubblicato dalla Rivista 30 Giorni, la vita di questi anni si può spiegare con delle cifre che hanno dell’impressionante: quasi 19 milioni di ore di volontariato offerte; 4 milioni e mezzo di notti di ospitalità a persone e famiglie; 10 milioni di pasti distribuiti; 3.780 tonnellate di attrezzature, medicinali, alimenti e vestiti inviati, equivalenti al carico di 344 aerei. Il valore economico totale di queste e molte altre attività svolte è stato stimato pari a 386 milioni di euro, frutto per la quasi totalità di contribuzioni volontarie da parte di persone comuni.

La storia profetica della scommessa di Olivero e del Sermig la troviamo raccontata dal fondatore stesso nel corso di una intervista alla Radio Vaticana. «Quando siamo entrati qui, il 2 agosto del 1983, eravamo un piccolissimo gruppo missionario. Tutta una serie di appuntamenti, che Dio aveva previsto per noi, ci hanno allargato l’orizzonte. Io rimango veramente stupito nel pensare che la prima lettera, giunta all’Arsenale, è arrivata dal Carcere speciale di Palmi, dove le Brigate Rosse – attraverso Claudio Carboni, il capo dei Nuclei armati proletari (Nap) – chiedevano a noi di entrare in contatto con loro perché volevano uscire fuori da questo buco nero». «Quando noi siamo entrati nell’Arsenale – ha proseguito – non avevamo una lira. Ci volevano 100 miliardi per metterlo a posto! E abbiamo sentito l’esigenza di non bussare alle casse degli enti pubblici, ma di testimoniare questo nostro sogno». E «in poco tempo, milioni e milioni di persone dall’Italia e da tutto il mondo sono venute a portarci la loro disponibilità. E il primo arsenale di guerra è stato trasformato in un Arsenale di pace». 

«Quando la gente ha visto ‘Arsenale della pace’, Casa della speranza’ – ha detto ancora il fondatore del Sermig a Radio Vaticana – è venuta a portarci la propria disperazione, le proprie vite. E quante persone sono uscite fuori da giri immondi, banditi, persone che sono scappate dai loro Paesi  […] L’Arsenale è una delle tante testimonianze del fatto che Dio esiste e che la bontà della gente è capace di cambiare tante, tante situazioni […]».

I festeggiamenti, per desiderio dell’arcivescovo Nosiglia, si svolti in occasione della giornata di Maria, Madre dei giovani, voluta proprio dal nuovo vescovo di Torino, con una marcia che ha toccato i punti nevralgici, civili, religiosi della città piemontese: il Municipio di Torino, il Cottolengo, i santuari di Maria Ausiliatrice e della Consolata, la chiesa ortodossa di via Cottolengo.  

Al di là dei festeggiamenti mi pare molto significativa una lettera apparsa sul sito del Sermig. Vale la pena scorrerne alcuni brevi stralci.
«Ci sono giorni, nella vita di una persona, che si ricordano in modo particolare. Il 17 maggio del 2000 ho incontrato Ernesto a Bari, per un incontro a cui l’avevo invitato, nella mia parrocchia; non lo conoscevo, ma avevo letto alcuni suoi libri.
Tra le tante persone incontrate, Ernesto invitò me, quella sera, a Torino, per visitare l’Arsenale. Qualche mese dopo ero qui per conoscere questo luogo, ma soprattutto per incontrare la Fraternità del Sermig, cuore pulsante dell’Arsenale. Una visita di un solo giorno. Un incontro che ha cambiato la mia vita. 
[…] L’incontro all’Arsenale, luogo privilegiato per l’accoglienza dei poveri, era stato “un imprevisto accolto”! E così è iniziata una nuova avventura, in cui si sono unite altre persone. […]. Abbiamo imparato a fare “bene il bene”, a “capire il diverso”, a “restituire con gioia”, a “dare valore ai minuti della nostra vita” […]

Grazie, Ernesto, per questa casa, che hai voluto con tutte le tue forze, per dare dignità a chi tutti l’avevano tolta; Grazie per averne fatto un luogo di accoglienza per i poveri, “la carne di Cristo” (papa Francesco) e di formazione per i giovani, che tu hai chiamato “i più poveri fra i poveri”. Grazie per tenere i giovani sempre protagonisti delle tue “intuizioni”. Grazie per aver fondato altri Arsenali che oggi sono in comunione con noi e presenti tra noi. […] e grazie perché, ogni volta che torniamo qui, ci sentiamo a casa!»

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