Largo ai giovani! Senza dimenticare il passato
Serata al romano Teatro Argentina gremita di ragazzi, all’inizio movimentati, poi pian piano presi dai due giovani sul palcoscenico: Giuseppe Gibboni e Carlotta Dalia. Gibboni è un ragazzo salernitano che ha vinto il prestigioso Premio Paganini e Carlotta una chitarrista entusiasta e preparatissima. L’Accademia Filarmonica Romana li ha chiamati per un duo chitarra-violino. Immancabile ovviamente Niccolò Paganini e la sua musica elettrizzante, a dir poco. Certo, poi si eseguivano pure brani di Piazzolla, Castelnuovo-Tedesco, Tarrega ma è lui, il diabolico Niccolò il protagonista.
Gibboni, capelli lunghi e barbetta, è un fenomeno di virtuosismo: è una sola cosa con il violino fin da piccolo, e lo si sente. Senza fatica. Carlotta, abito lungo e ampio, cesella la chitarra con una preziosità limpida. Gibboni esegue con lei dapprima la Sonata concertante in la maggiore per violino e chitarra – Paganini era un gran chitarrista, pure – e poi per violino solo i Capricci nn. 1,5,24. Un folle volo nella fantasia più spericolata, nella invenzione tecnica più ardita che il fuoco giovane di Gibboni tramuta in un incendio di trilli, acciaccature, pizzicati funambolici: un fuoco d’artificio di un Paganini che se strizza l’occhio a Rossini, come e più di lui sa essere vertiginoso. Anche sul pubblico. Si chiude con La Campanella adattata dai due per violino e chitarra: evasione, ritmo, una danza scatenata ma tenuta con mano di ferro, perchè Paganini è diabolico, però un diabolico controllatissimo. Divertimento, applausi, e fantasia giovanile.
Un disco da non perdere
Chissà quanti ricordano che 150 anni fa nasceva a Napoli Enrico Caruso, simbolo internazionale del belcanto italiano, divo dell’Opera dei primi del ‘900, morto a soli 48 anni. Voce ampia e rugiadosa, non solo eccellente in Rigoletto ed Elisir, ma pure nelle canzoni popolari di cui ben nove scritte da lui. L’Urania Records le ha registrate per la prima volta in due cd con la voce del tenore Mark Milhofer e il pianoforte di Marco Scolastra. Le canzoni composte da Caruso sono nove in tutto, piene di quella napoletana malinconia e di quel sentimento affettuoso e languido tipico di quegli anni ma in fondo sempre presente in chi è attratto dall’amore. Bella la voce del tenore e delicato il pianista.
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