L’Argentina in scena sotto il Vesuvio

Sei gli spettacoli in programma nella kermesse partenopea, con registi ed attori eccellenti
La omisiòn de la familia Coleman teatro

Diciamolo subito: la vera, importante novità di questa edizione del Napoli Teatro Festival Italia, è stata il focus sulla scena contemporanea argentina. Una vera rivelazione. Ed è quello che dovrebbe fare ogni festival: scovare autori, registi, compagnie, farli conoscere sulla ribalta, promuoverli anche rischiando.
 
Pareri unanimi e successo di critica e di pubblico, hanno accompagnato gli spettacoli dei registi e drammaturghi Daniel Veronese, Romina Paula, e Claudio Tolcachir, e dei loro attori, dei quali non si può non ammettere la “semplice” bravura. Siamo davanti ad interpreti eccellenti, affiatati. Possiedono una qualità di recitazione e di presenza scenica che coincide con una naturalezza umana e attorale rara a vedersi sulla scena nostrana.
 
Verità tutta che risalta in palcoscenico e accomuna giovani e anziani. Ad accomunare autori e testi, oltre a messe in scena povere, caratterizzate da pochi arredi e da interni domestici (il teatro degli inizi di Tolcachir si svolgeva nel salotto della sua casa), è una scrittura che guarda a storie di oggi oscillando tra commedia e tragedia ma sempre con leggerezza e l’umorismo come collante.
 
Sei gli spettacoli in cartellone. Daniel Veronese attualizza due classici di Cechov – Zio Vania e Il gabbiano, rispettivamente Espìa a una mujer que se mata e Los hijos se han dormido – senza forzature concettuali, ma portandoli in una dimensione di verità quotidiana, familiare. Tutto si svolge fra mura casalinghe e i personaggi “vivono” con naturalezza, senza enfasi o manierismo. L’ambiente è completamente degradato – due pareti sporche e un tavolo -; o disadorno – un divano sfondato e un vecchio banco; e i protagonisti indossano abiti dimessi, di tutti i giorni. Nell’intreccio della storia si riflette sul teatro e sul mestiere dell’attore, con incursioni e citazioni di altri autori, per subito rientrare pienamente nella trama del testo. Si allude al conflitto tra giovani e vecchi (in Los hijos se han dormido); si parla sempre sovrapponendo il vocio; si è sempre in movimento alla costante ricerca di qualcosa o di qualcuno.
 
Dialoghi brillanti e umorismo graffiante sono gli ingredienti degli spettacoli di Tolcachir. Il regista porteño scrive guardando la gente, ascoltando storie, osservando la realtà circostante. I suoi personaggi parossistici vivono in intrecci tragicomici, in situazioni surreali che ricordano il linguaggio televisivo delle soap sudamericane, ma con una scrittura scenica fortemente teatrale.
 
In Tercer cuerpo, dentro un unico ambiente ristretto – casa, ufficio, bar, studio medico -, i personaggi sempre in scena alternano i loro dialoghi e le loro storie, apparentemente separate e che nascondono un segreto, fino a scoprire il legame che li unisce tutti. La omisiòn de la familia Coleman (successo internazionale) vede, al centro del caos casalingo di un appartamento popolare, una nonna e una madre di quattro squinternati figli, presi ciascuno dai propri egoistici obiettivi, sempre rabbiosamente in lotta tra intolleranze, battibecchi e battute al vetriolo. Commedia grottesca che evidenzia un’ampia gamma di sentimenti poco nobili dietro i quali si nasconde una grande umanità. Che si rivelerà attorno al letto della nonna gravemente ammalata.
 
Emblema di sentimenti disordinati, di valori disorientanti, sono i protagonisti di El viento en un violìn. Due diverse comunità riunite dalle coincidenze della vita. Una coppia di donne che vuole avere a tutti i costi un figlio; e un giovane confuso, in analisi, ossessionato dalla presenza invadente di una madre possessiva. L’ambiguità dei sentimenti e delle azioni farà deflagare i rapporti rivelando, nelle fragilità e inadeguatezze del vivere, un bisogno inappagato d’amore.

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