L’Aquila, ricostruire insieme
Non avevano né divise né speciali appartenenze le oltre duemila persone che a L'Aquila, guidate dal sindaco Massimo Caliente, nella notte del 6 luglio, a tre mesi esatti dal sisma, hanno partecipato alla fiaccolata, aperta dallo slogan Verità e giustizia, promossa dai 15 comitati spontanei di cittadini, tra cui 3 e 32, Epicentro solidale, Ara e Colta, sorti spontaneamente dopo il terremoto.
Un corteo silenzioso, ordinato, costruttivo: un’occasione in più per coinvolgere la comunità – e l’opinione pubblica attraverso i mass media – nel ricordare le vittime, nel chiedere verità, giustizia per il passato e trasparenza negli appalti della ricostruzione. «Siamo tanti, le torce non bastano, la partecipazione è ben oltre ogni previsione», spiegava Marco Sebastiani, del comitato “3 e 32”. E questo è un segnale di non poco conto.
Il messaggio che arriva da L’Aquila è chiaro e propositivo per tutte le nostre città. I cittadini dei comitati spontanei sono stati capaci di coinvolgere tanti altri aquilani. Certamente erano spinti dalla tragedia del sisma ma anche dalla convinzione che esistono responsabilità precise. Essi sentono l’urgenza di ricostruire insieme, in maniera collettiva, il senso e il futuro della comunità: lo stile, lontano da ogni clamore, è sobrio; la volontà di assumersi la responsabilità del futuro, condividendo dolore e speranze, è forte.
Anche questa tragedia ha mostrato che una città senza trasparenza, senza partecipazione non regge l’urto. Le fiaccole in mano ai cittadini de L’Aquila non hanno solo illuminato quella loro notte: ci insegnano che ognuno di noi – pur senza l’irruzione di un terremoto nella propria quotidianità civica – ha in mano un pezzo di responsabilità per ri-costruire la propria città, preservandola da tempeste future.
Sono stati spesso eventi tragici – un’invasione, una dittatura – l’occasione per quel patto costitutivo in grado di dare ad una comunità lo slancio corale e la capacità politica per maturare un saldo progetto comune. Non c’è costruzione di una città, se alla base non c’è un patto che costituisca la sua comunità.
La sfida è coniugare quel patto ogni giorno, in tanti modi, ricchi di contenuto e di continuità, con l’argomentazione e la ricerca, la contestazione e il sostegno. Anche un terremoto può offrire l’occasione giusta per fare democrazia di qualità.