L’appoggio degli ungheresi a Orbán

Un contributo per comprendere le scelte di un popolo nel contesto europeo, dalla redazione ungherese di Città Nuova

In Europa, uno dei Paesi più interessanti dal punto di vista politico è probabilmente l’Ungheria. È ormai da molti anni che persegue una politica particolare, provocando una disapprovazione forte da parte di alcune parti politiche. Eppure, nell’atmosfera europea sempre più incandescente, il primo ministro Viktor Orbán e il suo partito governativo, Fidesz, trovano ogni giorno sempre più alleati. I cittadini ungheresi sembrano convinti che segua la giusta direzione: il Fidesz ha vinto col 52% dei voti le elezione europee.

La storia della popolarità insolita del Fidesz comincia dal 2010, quando ha assunto il potere governativo dopo aver ottenuto due terzi dei seggi nel Parlamento ungherese. Da allora ad ogni elezione – sia nazionale che europea – il supporto a Fidesz è rimasto più o meno lo stesso: attorno alla metà dei voti. Diverse analisi cercano di attribuire importanza alla differenza nel numero assoluto dei voti espressi per Fidesz alle elezioni europee rispetto a quelle nazionali, però visto che anche la partecipazione varia (di solito, circa il 40% degli elettori va a votare per il Parlamento europeo, mentre si arriva al 70% per quello ungherese), è chiaro che la proporzione dei simpatizzanti del Fidesz nel Paese rimane abbastanza stabile. Con questo forte supporto, l’Ungheria è stato l’unico Paese nell’Unione europea dove un singolo partito ha ottenuto la maggioranza dei voti (tranne Malta, dove si sono confrontati solo due partiti).

Com’è possibile per Viktor Orbán essere considerato la pecora nera in Europa, e allo stesso tempo mantenere una grande popolarità in Ungheria? Il primo ministro è convinto che l’identità centrale dell’Europa, cioè le radici cristiane e le culture delle singole nazioni europee, siano in pericolo, e lui è disposto a tutto per difenderle.

Gli ungheresi ricordano l’autunno del 2015, quando migliaia di persone hanno attraversato il Paese e la capitale, bloccando strade, piazze e stazioni per settimane. La chiusura delle frontiere era stata allora fortemente criticata e aveva causato una tensione tra il governo da una parte e le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative dall’altra. Pian piano però, altri capi europei hanno riconosciuto la necessità di una protezione comune delle frontiere dell’Unione. Anzi, in molti Paesi sono cresciute le voci contro gli immigrati, e in alcune nazioni i partiti che sostengono questo pensiero sono andati anche al governo.

Tanti ungheresi hanno l’impressione che l’Unione europa li tratti da inferiori, criticando decisioni politiche locali, imponendo regole e tenendoli sotto controllo solo per mantenere il mercato degli investimenti delle aziende occidentali. La sensazione è ancora più forte riguardo la protezione dei valori cristiani. Nella costituzione ungherese, per esempio, il concetto del matrimonio è definito come l’unione tra uomo e donna: tanti temono che dovrà essere cambiato per aprire le porte alle unioni omosessuali, una pratica più diffusa nel mondo occidentale. IN molti sostengono il governo per la sua politica per le famiglie, ispirata ai valori cristiani.

Malgrado le controversie con l’Unione europea, il Fidesz e il suo primo ministro sono ancora molto decisi nel voler stare nell’Unione, anzichè seguire la strada della Brexit. Secondo un sondaggio recente, gli ungheresi sono tra i primi in Europa a favore dell’Unione, ma allo stesso tempo vogliono dei cambiamenti nel suo funzionamento.

Cosa c’è quindi nel futuro? Bisognerà vedere come Orbán affronterà il nuovo del Parlamento Europeo dopo le elezioni, dove sembra essere sempre più in conflitto con i suoi ex-alleati – il Partito Popolare Europeo – e dove i partiti euroscettici, sebbene siano sempre più forti, non hanno la  maggioranza. E anche da vedere come lavoreranno i piccoli partiti frammentati dell’opposizione, alcuni dei quali hanno perso anche quei pochi posti che avevano, ma altri sono in crescita, avendo una visione chiara e molto diversa da quella di Orbán.

 

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