L’appetito vien mangiando
Anche una cena tra amici può ridare senso ad un’idea e a un impegno: fare della fraternità un traguardo concreto e realizzabile.
Una cena come tante, in un paese come tanti. Eravamo un sindaco, un magistrato, una giornalista, un attore, una ginecologa, un architetto, due insegnanti, un imprenditore, due precari, un ricercatore, tre studenti, due casalinghe, due funzionari. Ma nell’elencare gli ospiti mi rendo conto che è un vero spaccato della nostra Italia, con figure professionali molto tipiche della cronaca attuale, nel bene e nel male….
Discorsi molto cordiali e scambi di opinioni tra una portata e l’altra, vi assicuro molto buone, fino a quando un argomento catalizza l’attenzione e si avverte, d’ora in poi, solo un delicato muoversi di stoviglie per non disturbare l’importanza delle parole: può la fraternità diventare un paradigma politico? Il sindaco più che un comizio, come ci aspetterebbe, racconta esperienze, storie di incontri, di città che ci provano, di colleghi che di migliori non ne ha mai trovato e così via fino a tirare tardi.
Sono il precario e lo studente i più interessati e fanno domande. Noto il volto dell’attore che ha un’espressione molto particolare, ma non sta recitando: segue il susseguirsi dei racconti.bSarà l’inizio di un autunno che tardava, sarà il profumo delle castagne che scoppiettano nel fuoco, sarà perché ci si sa ascoltare, ma mi paiono così lontani i sussurri e le grida dei dossier veri o falsi, i pugni che ammazzano all’uscita del metrò, il reality show più reality che ci sia nelle campagne pugliesi, anzi mi sembra veramente che assumano un diverso significato, mi pare che, in una sorta di magia alla Harry Potter, dove anche le unghie di drago verde diventino ingredienti per sconfiggere il male, questi discorsi si solidifichino nel cuore e nella mente di un manipolo di persone che sono proprio un piccolo prototipo della realtà italiana.
Il magistrato continuerà nella sua lotta perché l’ambiente del suo territorio, fortemente degradato, abbia risposte concrete; il ricercatore, nonostante la riforma dell’Università che lo mortifica, domattina tornerà nei laboratori per continuare a dare al nostro Paese ricerche all’avanguardia mondiale, senza fuggire all’estero dove pagano di più; l’imprenditore cercherà di non cadere nelle varie trappole che incontra nel suo cammino, che fanno, del suo mestiere, un percorso da caccia al cinghiale, dove non si risparmiano i colpi; i funzionari dimostreranno, per quel che possono, che non è vero che nel pubblico si fa la maglia o si legge il giornale, ma si guarda al cittadino; l’insegnante cercherà di far sì che i suoi alunni siano quell’arcobaleno vivo che non è solo dipinto nella pur bellissima scuola appena consegnata da quel sindaco che prima parlava di fraternità.
Mi domando, ma l’attore che farà? Lo scopro subito. All’uscita guarda il sindaco in una inquadratura a campo ristretto, quelle care a Sergio Leone, e gli dice: «ero arrabbiato con la politica e non mi interessava più. Adesso sento che è possibile cambiare pagina e mi ha dato senso sentirvi per impegnarmi di più: questo perché l’ho visto nel suo impegno che non è solo parole».
La fraternità come paradigma politico si è ritagliato un altro spazio. È proprio vero: in una cena come tante, in un paese come tanti, l’appetito – per una rinnovata voglia di impegno – vien mangiando.