L’appello (senza risposta) contro l’austerità dissennata
Aumenta ogni giorno, anche a livello internazionale, l’adesione all’appello degli oltre 340 economisti, Becchetti e altri, che invitano il governo italiano a non perdere tempo ma a promuovere, come Presidente di turno del consiglio della Unione europea, una conferenza per cambiare le regole della finanza e scongiurare la fine dell’euro con il collasso dell’economia sotto i colpi di un austerità senza senso che, come afferma Ashoka Mody della statunitense Princeton University, «non è riuscita a tenere sotto controllo il debito ma potrebbe anche aver scatenato la deflazione nelle economie in maggiore difficoltà».
Secondo Mody, non si avverte ancora uno stato di panico ma «l’economia dell’intera euro zona si trova ad affrontare prospettive di medio termine di crescita, debito e deflazione peggiori che in qualsiasi momento da quando è cominciata la crisi».
Lo sa bene l’Italia con lo Svimez che certifica, di nuovo, la desertificazione industriale del Sud assieme alla contrazione demografica in una misura che il Mezzogiorno ha conosciuto solo nel pieno della repressione sabauda del brigantaggio (1869) e dopo la fine della Grande Guerra ( 1919), che ha immolato generazioni intere di contadini meridionali.
Per invertire la tendenza recessiva , le centinaia di economisti dell’appello ritengono necessario mettere i Paesi membri dell’Unione in condizione di investire per realizzare interventi su «infrastrutture digitali, politica industriale e di innovazione tecnologica ed organizzativa del lavoro, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione e della amministrazione della giustizia, protezione sociale per coloro che sono esclusi dal lavoro, contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali divenute insostenibili e che compromettono la crescita dei sistemi economici».
Le risorse non mancherebbero, ma sono soldi che ora se ne vanno per pagare gli interessi sul debito pubblico. Per questi motivi gli economisti contrari all’austerità dissennata, propongono di mettere al centro di una grande conferenza internazionale la discussione di progetti di ristrutturazione del debito come quello proposto dall’economista francese Wyplosz e conosciuto con l’acronimo Padre (“Politically acceptable debt restructuring in the Eurozone”).
Il piano prevede che la Banca centrale europea acquisti la quota eccedente il 60 per cento dei debiti dei Paesi membri « convertendola in titoli senza interesse che saranno ripagati negli anni dalle risorse da signoraggio (stampare moneta, ndr) spettanti a ciascun Paese». In questo modo si liberebbero, appunto, «importanti risorse oggi destinate al pagamento degli interessi producendo un formidabile stimolo alla domanda interna di tutti i Paesi. Con vantaggi per tutti, Germania inclusa, che vedrebbe aumentare l’acquisto dei propri beni importati dagli altri Paesi membri».
Un “uovo di Colombo” che la maggior parte delle persone non può comprendere a causa della diffusa mancanza di alfabetizzazione in economia, ma che andrebbe discussa almeno in considerazione della platea autorevole di esperti che ha nominato anche un comitato di garanzia internazionale per ricevere adesioni a livello mondiale.
Nessun sistema è autosufficiente nell’era della piena interdipendenza e il tempo si fa breve per scongiurare nuovi disastri, ma al momento non arrivano riscontri dal governo Renzi alle soglie della fine, a dicembre, del semestre di presidenza europea.