L’appello dell’arcivescovo di Torino a Marchionne
La Fiat può e deve ancora scommettere su Torino e sull’Italia. Questo il sunto dell’appello fatto ieri, lunedì 17 settembre, a Marchionne e a tutta la Fiat da parte dell’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia.
«Esprimiamo un augurio, ma anche una certezza – ha sottolineato Nosiglia –. La Fiat ha avuto e ha ancora legami profondi e intensi con Torino; ricordo che ci sono stati altri momenti di grossa crisi in cui c’è stato un sussulto di impegno e di responsabilità, che ha determinato l’avanzamento di questa azienda e il superamento delle situazioni difficili. Così potrà avvenire anche oggi. È vero che la crisi dell’auto è fortissima in Italia e in Europa, è vero che la Fiat ha un assetto internazionale molto diverso da una volta e quindi deve tener conto di tante esigenze. Però sono certo che scommetterà ancora su Torino, deve scommettere perché la città di Torino ha dato tanto e l’azienda può ricevere ancora tanto da questa città. Occorre trovare una via perché istituzioni, azienda, sindacati si trovino attorno a un tavolo per trovare una soluzione a problemi che sono indubbiamente reali».
Le parole di Monsignor Nosiglia vanno al cuore della questione ed entrano in una situazione specifica che è il problema principale del momento non solo a Torino ma in tutto il Paese. Ma allo stesso tempo entra nei problemi quotidiani della gente, dei torinesi, delle famiglie che si ritrovano in un momento di crisi come questo con lo spauracchio di perdere il lavoro.
Sull’argomento l’arcivescovo di Torino si era già espresso in piena estate con un appello per salvare le migliaia di posti di lavoro a rischio a Mirafiori, e aveva scelto i microfoni di Radio Vaticana. Un appello che era rivolto all’azienda, ma anche agli enti locali e al governo italiano affinché dessero risposte concrete ai lavoratori, dopo i mancati investimenti annunciati dalla Fiat per lo stabilimento con gli operai ancora in cassa integrazione. «Bisogna recuperare un senso di responsabilità, di collaborazione – aveva detto Nosiglia in agosto –; bisogna superare contrapposizioni, divisioni di parte che purtroppo esistono. Ci vuole uno spirito unitario, una volontà decisa da parte di tutti: la società, gli azionisti, ovviamente le istituzioni nazionali, locali, i sindacati. Ognuno deve fare la sua parte, ma insieme trovare le vie, fare squadra per poter affrontare la situazione. Un anno e pochi mesi fa è stato fatto un referendum a Mirafiori: ero appena arrivato a Torino. L’ho vissuto: è stato un momento molto sofferto, anche teso, che però ha visto i lavoratori di Mirafiori accettare un nuovo contratto, nuove prospettive che sembrava si aprissero, perché appunto c’erano delle promesse, delle indicazioni certe sul lavoro che sarebbe poi stato attivato. Adesso, ecco, si trovano in queste condizioni: quelli che subiscono di più la situazione sono proprio loro. I lavoratori, la loro parte l’hanno fatta».
Per Nosiglia la crisi è generale, anche se aTorino la questione è forse più delicata che altrove perché qui l’industria è ancora il cuore dell’economia e del lavoro, ma l’arcivescovo ha sottolineato che la dottrina sociale cristiana ha sempre posto in risalto che il primo capitale, il valore fondamentale del capitale è quello umano, cioè la persona che lavora.