L’appello dei sardi a Napolitano
Una due giorni fitta di incontri nei quali non sono mancate le contestazioni. Giorgio Napolitano ha potuto costatare il malessere che serpeggia tra i sardi. Se da un lato le forze politiche regionali, provinciali, e in alcuni casi anche i sindaci, hanno apprezzato gli interventi del presidente della Repubblica, molti, tra coloro che stanno pagando il prezzo più caro delle crisi economica, hanno fatto sentire la loro voce.
Così in municipio a Cagliari, come in consiglio regionale, nel corso della seduta solenne della massima assemblea sarda, il capo dello Stato ha ascoltato con attenzione le sollecitazioni dei politici. Fuori dai palazzi invece i movimenti dei pastori sardi, quello del popolo delle partite Iva e gli indipendentisti hanno gridato e scandito slogan contro il presidente, reo, a loro dire, di essere amico delle banche e di difendere gli interessi forti.
In particolare Felice Floris, leader del Movimento pastori sardi ha parlato di un’occasione mancata per ascoltare direttamente la voce della gente che è alla fame. Gli ha fatto eco Andrea Impera, alla guida del Movimento antiequitalia, che ha accusato il presidente di non aver voluto ascoltare la gente. Accuse che prontamente il capo dello Stato ha rispedito ai mittenti. «Non rappresento le banche e il grande capitale finanziario, come qualcuno umoristicamente crede e grida», ha replicato nel corso dell’intervento al Teatro Lirico, durante il convegno per i 150 anni dell’unità d’Italia.
Anche gli studenti dell’Unione degli universitari (Udu) hanno esibito a Cagliari uno striscione raffigurante dei caccia bombardieri puntati verso un libro, di fianco alla scritta «+ 15 miliardi per i caccia F35, – 8 miliardi per l’istruzione: dov’è il diritto allo studio?». Il coordinatore Marco Meloni ha ribadito: «La Costituzione afferma il diritto per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i più alti gradi di studio, nonché il dovere della Repubblica a rendere effettivo questo diritto. Nello stesso modo la Costituzione ripudia la guerra: seguendo i princìpi costituzionali vogliamo ribadire che è priorità del Paese investire nell’istruzione pubblica e nel diritto allo studio, non nei cacciabombardieri: questo è il nostro appello al presidente Napolitano, da sempre sensibile alle nostre priorità».
Una visita in chiaroscuro dunque quella del presidente della Repubblica che, secondo quanto riportano alcuni cronisti, avrebbe parlato del quadro generale dell’isola dicendo: «È peggio di quanto pensassi. Siamo di fronte a un logoramento acuto della crisi del sistema produttivo e occupazionale sardo. Sono qui per ascoltare le voci dei sardi e per farmi garante nella tutela dei loro diritti».
Nella sala rossa del Palazzo regio, nel cuore di Cagliari, Napolitano ha incontrato una delegazione di lavoratori di aziende in crisi e i sindacati, i quali hanno presentato la disastrosa situazione del settore produttivo, con centinaia di posti di lavoro a rischio. In quella sede è giunta una notizia positiva: entro un mese il tavolo tecnico sulla vertenza Sardegna troverà attuazione e si avvieranno le pratiche con il governo per la definizione di alcune annose questioni che, come ha detto lo stesso Napolitano, «i precedenti governi non hanno voluto affrontare». Tra tutte la vertenza entrate, che già con la giunta Soru aveva trovato soluzione, ma non è stata mai attuata dall’esecutivo nazionale.
Se nella prima giornata erano emersi i temi più squisitamente locali, con particolare riferimento alla situazione di crisi nell’isola, e il presidente della Repubblica stupito per la mancata richiesta di stato di crisi, nella giornata sassarese i temi affrontati sono stati quelli di carattere nazionale e internazionale. I giovani, la crisi greca, la riforma dello Stato sociale sono stati al centro dei diversi interventi del capo dello Stato, contestato anche a Sassari da alcune centinaia di manifestanti, ai quali ha risposto dicendo: «Sono conscio della gravità delle situazione ma non si tratta di opporre a situazioni critiche formule ideologiche».
Insomma, dopo due giorni di permanenza in Sardegna, Giorgio Napolitano ha di certo compreso come nell’isola la crisi sia più profonda che in altre realtà. Pur con il costante lavoro che i politici regionali stanno portando avanti, senza un’adeguata attenzione da parte del governo ai problemi della Sardegna sarà difficile venirne fuori. Di questo i professori chiamati a guidare le sorti del nostro Paese devono tener conto: è ciò che chiedono i sardi.