L’Apocalisse e le vittime
Davvero il libro dell’Apocalisse è il libro di questo tempo. Lo scialo di sangue a cui assistiamo come complici, come distratti osservatori e come figli della paura ha bisogno di uno sguardo che affonda le sue radici nel mistero dell’agnello sgozzato che l’apocalisse di Gesù, il testimone fedele, ci narra.
Come faceva notare frère Christian, il superiore di Tibhirine, la verità della parola impone non il significato liturgico di immolato, ma quello storico di sgozzato.
E i sette monaci di Tibhirine sono stati come agnelli sgozzati, fino alla morte più terribile. Hanno pagato il prezzo del martirio, nella piena solidarietà con il popolo musulmano sofferente dell’Algeria.
C’è la persecuzione dei cristiani, c’è la persecuzione dei palestinesi, c’è la persecuzione dei musulmani, sciti o suniti che siano. C’è la persecuzione dei jazairi. E la geografia ci travolge, da Yarmuk a Damasco, ad Aleppo, a Nairobi, a Gaza, allo Yemen, in una moltiplicazione di luoghi che rende visibile l’agire della bestia.
Se il primo dei profeti, Abele, nella Bibbia non dice una parola, ma parla con il suo sangue, che sale fino a Dio, a maggior ragione coloro che seguono l’agnello ovunque vada sono chiamati da Dio a condividere la morte dell’agnello, come perfetta somiglianza a lui.
Abele raccoglie e custodisce il grido muto di tutti gli innocenti della storia. Abele rappresenta questo grido davanti a Dio. Abele rappresenta cristiani e musulmani, occidentali e orientali, palestinesi e israeliani, africani ed europei, tunisini e italiani. Egli anticipa tutti gli innocenti della storia e ne è profezia, la grande nube dei martiri di ogni tempo, che il mondo non tollera, non sopporta, rispetto alla quale rivolta lo sguardo da un’altra parte.
Mentre la bestia, tramite la bocca, comincia “a proferire parole di orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi”. Oggi sembra dominante nella storia e di volta in volta strumentalizza qualcuno per compiere i suoi disegni demoniaci. Ecco la profondità del male nella storia, ecco l’agire del male nella storia.
“Alla bestia fu permesso di fare guerra contro i santi e di vincerli e le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è inscritto nel libro della vita dell’agnello immolato fin dalla fondazione del mondo… chi ha orecchi ascolti; colui che deve andare in prigionia andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei santi".
In questo combattimento le armi dei credenti, della nube dei testimoni, ci vengono ancora ricordate dall’inno: "essi lo(il grande accusatore) hanno vinto per mezzo del sangue dell’agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio”.
E chi sono costoro? Sono gli innocenti di ogni strage: da quella di Betlemme fino alla croce di Gesù, passando dai luoghi che ogni giorno entrano nelle nostre case e nei nostri cuori. "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell’Agnello”.
Nel nostro tempo questo è avvenuto per frère Christian e i sei monaci che hanno dato la vita per vedere il mistero dell’islam con gli occhi di Dio. Questo è accaduto per mons. Romero, che ha dato la vita per i poveri ed è stato ucciso da cristiani. Questo vale per Dietrich Bonhoeffer, che di fronte alla bestia nazista pone la resistenza suprema, mentre teologi governano Auschwitz.
Oggi abbiamo le stragi delle guerre dei Balcani, dei grandi laghi, di Gaza e di Nairobi, del Medio Oriente che non possiamo dimenticare. Le guerre non hanno mai risolto niente e hanno solamente reso impossibile la sofferenza dei piccoli e degli innocenti.
Questa è “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Ecco il popolo degli innocenti, che viene da ogni nazione, popolo, lingua e razza. Tutti sono inclusi e nessuno è escluso.
Noi che siamo consueti al linguaggio, alle parole e ai gesti della violenza, ad essa siamo assuefatti. Ci rassicura solamente lo stare dalla parte che noi riteniamo giusta, in un conflitto perpetuo con gli altri, eventualmente lucrando con il mercato delle armi, con la droga e con il petrolio.
La cultura dell’occidente, la nostra cultura si gira dall’altra parte, perché preferisce la guerra e la sua cultura all’umile coraggio del perdono e della pace, affermato con forza da papa Francesco.
Il nostro ministro degli Esteri ha evocato la possibilità di un intervento militare in Medio Oriente e in Libia, quasi non ci fossero già armi in misura terribile. Non è questa la strada. Basterebbe ricordare l’ipotesi di bombardare la Siria, che il papa è riuscito a fermare. Oggi il Medio Oriente sarebbe un unico fuoco e noi saremmo stati i primi a bruciare in quell’inferno.
E si percepiscono strategie terribili esibendo un massacro di qua e una strage di là, come se ci fosse una abilissima strategia mediatica, che in un bilanciamento del terrore tiene sotto scacco tutta la comunità internazionale. E noi siamo ostaggio di questa cultura della violenza e della paura..
Come abbiamo visto, il martirio è inscritto nel Battesimo dei credenti. È li che veniamo sanati dal sangue dell’agnello e le vesti della nostra vita diventano candide. E nel battesimo c’è il mistero della fraternità e allora, quando i cristiani sono perseguitati, siamo chiamati a stare e restare con loro, a non partire, da fratelli con i fratelli in particolare con i più piccoli .
E li aiuteremo a restare al cuore del conflitto, se seguiremo le parole di Gesù nel giudizio finale: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero in carcere e mi avete visitato, ero pellegrino e mi avete ospitato, ero malato e mi avete curato.
Ecco il che fare evangelico, la cultura della misericordia, che cambia la storia, che opera la pace, che i bambini invocano nel loro patire.