L’anno della rinascita?

55 film, 43 Paesi rappresentati, 12 registi per la prima volta in concorso e molti ritorni come Wim Wenders. Nelle storie, il caleidoscopio di un mondo globalizzato e frammentato. La direzione di Alberto Barbera
La la land

Siamo a 73. Tanti sono gli anni della Mostra internazionale d’arte cinematografica, come è stata chiamata la rassegna veneziana. Di arte, negli ultimi tempi non se n’era vista molta. La rassegna sembrava scivolare lentamente entro un fossato sempre più ampio tra cinema d’autore e cinema per il grande pubblico. Pareva fosse smarrita l’identità del cinema stesso, vittima delle influenze televisive e delle fiction, o di ammiccamenti commerciali con l’estero (per esempio l’invasione di film cinesi, alcuni improbabili, in diverse edizioni).

 

Diventava difficile individuare un filo tematico che legasse i film in concorso con le altre sezioni – da Orizzonti alla Settimana della Critica e così via –, per mantenere una propria identità, tenendo conto della reale, anche se negata, concorrenza di Roma e Montréal. Ma sembrerebbe che da quando è iniziata l’era di Alberto Barbera a dirigere la mostra le cose stiano prendendo una direzione che vira verso la rinascita.

 

In primo luogo, la voragine al Lido lasciata dal non più costruito nuovo Palazzo del Cinema è colmata dall’apertura della Sala nel Giardino con 450 posti, ponendo fine ad un disservizio costoso e inspiegabilmente in ritardo. Si dirà che è quasi un’inezia, ma di questi tempi occorre ripartire dalle piccole cose (si fa per dire).

 

Poi, ed è la cosa più importane, la scelta dei film in concorso: si apre con La la land di Damien Chazelle – film “musicale” fino ad un certo punto – il 31 e si chiude il 10 settembre con la “rivisitazione” (oggi si chiama remake) dei Magnifici Sette. Diretto da Antoine Fuqua e con una fila di star (Denzel Washington, Ethan Hawke, Vincent D’Onofrio e amici).

 

Ecco la mostra in numeri. La selezione ufficiale ha scelto 55 film, di cui 19 in concorso, 17 fuori concorso (di cui 7 documentari) e 19 nella sezione Orizzonti. I “corti” sono 16, 14 in concorso e 2 in fuori concorso, sempre nella sezione Orizzonti. In più, 20 lungometraggi restaurati.

 

Fra i registi, tornano Wim Wenders, Lorenzo Vigas, Kim Ki-duk, Andrei Konchaloskij, Emir Kusturica, Mel Gibson ed è interessante la presenza di ben 12 registi per la prima volta al concorso per il Leone d’oro. Naturalmente, Venezia è città-mondo: perciò vi sono rappresentai ben 43 paesi in un ventaglio che va dagli Usa (26 lavori), alla Francia (16 opere), all’Italia (24), alla Germania (8) e spazia dall’Argentina alla Slovenia, dal Belgio alle Filippine, dalla Cina al Canada, dalla Bulgaria al Giappone, senza dimenticare India, Indonesia, Australia, Corea, e poi Nepal, Qatar, Israele e Turchia. Cenerentola, purtroppo, è sempre l’Africa con Senegal e Tunisia.

 

Quali storie racconteranno i film della Mostra? Un caleidoscopio di un mondo globalizzato e nello stesso tempo frammentato, verrebbe da dire scorrendone le trame. Lavori biografici su grandi personaggi (Jackie del cileno Pablo Larrain sulla moglie di Kennedy), filosofici (il documentario Voyage of Time di Terrence Malick, formidabile presenza nella rassegna), drammi familiari (The light between Oceans di Derek Cianfrance), storie americane (In dubious battle di James Franco tratto da Steinbeck), ed intime (Frantiz di Francois Ozon). Insomma, la vita oggi, perché anche rivedere il passato può significare interpretare l’attualità.

 

L’Italia non si presenta male. In concorso offre Questi giorni di Giuseppe Piccioni, racconto di quattro amiche in viaggio verso Belgrado. Conoscendo l’autore, schivo e profondo, c’è da aspettarsi molto. C’è poi l’emergente Roan Johnson con Piuma, storia di due giovani alle prese con una maternità e il documentario Spira mirabilis, di Massimo D’Anolfi e Martina Parentim, riflessione sull’immortalità

.

Ma ci sono altre occasioni. Torna Kim Rossi Stuart regista e interprete di Tommaso, vicenda intima, nel Fuori Concorso, e, alle Giornate degli Autori, Vangelo di Pippo Delbono, inscenato in un campo profughi.

 

Se la nostra Sonia Bergamasco, attrice e musicista fine, è la madrina del festival, la giuria del concorso è presieduta dal regista inglese Sam Mendes e comprende la regista americana Laurie Anderson, l’attrice inglese Gemma Artenton, l’italiano Giancarlo De Cataldo, la tedesca Nina Hoss, e poi Chiara Mastroianni, Joshua Oppenheinmer, il venezuelano Lorenzo Vigas e la cinese ZhaoWei.

 

Speriamo che i premi vadano davvero al migliore. L’edizione appare rassicurante. Il 30 pre-apertura con la versione restaurata di Tutti a casa di Luigi Comencini.

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