L’anno che verrà sarà… il 2011, il 5771 o il 1422?

Presentati “I calendari 2011” pubblicati dalla sezione italiana di Religioni per la Pace per favorire l’integrazione fra comunità di religioni e culture diverse.
calendario

Non è spontaneo pensare “ai calendari”, al plurale. Il tempo, come è entrato nell’immaginario di ciascuno di noi fin dai primissimi anni della nostra infanzia, è scandito in modo tale che sembra inevitabile averne una sola dimensione. Sappiamo bene che stiamo per iniziare il 2011, dodici mesi, scanditi da 31 o 30 giorni con l’eccezione di quel febbraio che sarà di 28. Insomma, 365 giorni dal 1 gennaio al 31 dicembre, anche per il 2011 e così via per gli anni avvenire come lo è stato per quelli passati. Tutto ovvio…. sembrerebbe.

 

Eppure, per gli ebrei il 2011 sarà il 5771 e per gli indù il 5112. I musulmani, invece, stanno per iniziare il 1422 ed i sikhs e i baha’i, religioni più giovani, si fermano rispettivamente al 542 e al 167. Ma non è tutto: il primo gennaio, capodanno nel mondo d’occidente, non è festa in India, per esempio, dove ogni religione festeggia un suo capodanno fra febbraio e novembre. Il mondo di cultura confuciana festeggia, invece, il capodanno lunare, che nel nostro 2011 cadrà il 2 febbraio. Il mese Baha’i, poi, è di 19 giorni.

 

Nel mondo globalizzato, che pare aver omogeneizzato tutto, il tempo si scandisce ancora diversamente grazie al sole, ma, più spesso ancora, guardando alla luna: una miriade di feste retaggi e ricchezze di culture millenarie, che si portano tradizioni, riti, simboli, musiche, vestiti, addobbi diversissimi fra loro. L’anno prossimo, per esempio, il 15 marzo i musulmani celebreranno Mawulidi, la nascita del Profeta. Lo stesso giorno i buddhisti ricorderanno la morte di Sakyamuni, detto il Buddha, ed alcuni cristiani, gli armeni e gli ortodossi, faranno memoria della Purificazione e della Presentazione di Gesù al tempio.

 

Tutto questo spiega I calendari, il titolo del calendario 2011 che Religioni per la Pace, sezione italiana, ha presentato nei giorni scorsi nella sala della Protomoteca, in  Campidoglio a Roma. Hanno parlato tutti: ebrei, cristiani, musulmani, indù e sikhs, buddhisti e baha’i. Si è trattato di una carrellata di prospettive del tempo: quello lunare e quello solare, quello lineare e quello ciclico. Soprattutto, però, ci si è resi conto che la sapienza di ogni fede insegna a vivere bene il presente, il momento in cui si vive per l’Assoluto, ma anche per l’uomo e la donna che ci passano accanto e che, sempre più anche in Italia, appartengono ad una cultura e fede diversa.

 

Anche il calendario diventa un modo di dialogare, perché ci dà la possibilità di conoscere l’altro che ormai non è più così diverso, perché vive dietro la porta accanto. Lo scandire dei giorni ci dà la possibilità di celebrare la festa degli altri, di conoscere la loro tradizione, di gustare i loro cibi e di chiedersi cosa sta dietro ai loro odori.

 

I calendari 2011 hanno quest’anno anche un altro importante significato. Venticinque anni fa Giovanni Paolo II convocava i leaders religiosi ad Assisi: una giornata di preghiera per un mondo dove potesse regnare la pace. Sono trascorsi venticinquenuovi calendari ed oggi ci ritroviamo a renderci conto che tutto è più facile, nonostante qualcuno pensi che ci sia lo scontro e non l’incontro fra le religioni. Questi venticinque anni, nonostante tutto, ci hanno insegnato, come dice il cardinale Martini, che nel dialogo fra culture e religioni il tempo è importante perché occorre «saper cogliere i momenti giusti senza bruciare le tappe». Ma è necessario saper vedere in ogni giorno la possibilità unica e, forse irripetibile, dell’incontro e del dialogo!

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