Lampedusa saluta le salme dei bambini

Nella veglia di preghiera e durante la messa per le vittime del naufragio del 3 ottobre si ricordano i più piccoli, ma anche gli adulti e i sopravvissuti. «Li abbiamo tutti sulla coscienza» ha tuonato l’arcivescovo di Agrigento
La bara di uno dei naufraghi di Lampedusa

Ancora una volta i lampedusani celebrano un funerale a uomini e donne senza un nome, con un numero per identificarli e  con una storia di disperazione dall’esito tragico. Le immagini delle bare allineate nell’hangar dell’aeroporto non meritano commenti: parlano da sole, nel silenzio continuano a interpellare la nostra umanità e non solo le istituzioni. Ancora una volta Lampedusa risponde con la generosità che la contraddistingue, con le braccia dei pescatori che si sono improvvisati soccorritori e con la preghiera.

L’isola si è fermata nel silenzio della sera, piovigginosa e ventosa, per invocare Dio e per alzare, ancora una volta, la voce sulla morte, su questo cimitero che la circonda e che offre tombe blu e non di marmo o cemento. «Questi morti ce li abbiamo un po' tutti sulla coscienza, non solo l'Europa», ha tuonato il vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro intervenendo alla veglia di preghiera. Pina, invece, impegnata in parrocchia e che tanti di questi momenti ha vissuto sulla sua pelle, ha scritto un saluto per una bimba, rivestita di tutto punto a cui il mare ha strappato la vita. Ve la proponiamo con la stessa semplice prosa con cui lei l’ha letta durante la celebrazione:

«Ciao bambina dalle scarpe nuove di vernice.

 Ciao a tutti i bambini, che ora insieme a te e a tanti altri prima di ieri, avete visto spegnere la vita in un mare che per voi è stato inclemente.

Dovevano vederti camminare quelle scarpine, correre, saltare, ma hanno visto la tua morte in fondo al mare.

Quelle scarpine però hanno camminato nel mio cuore. Vi hanno segnato un solco, in me e in quello di tanti altri che come me sperano in un mondo migliore, dove una fine cosi tragica non debba raggiungere innocenti come te, il cui sangue grida giustizia al mondo intero.

Sai bambina , voglio darti un nome e non un numero: ti chiamerò germoglio perché il germoglio nasce da un seme che muore.

Spero che da te nasca il desiderio nel cuore di ogni uomo di unirsi insieme ai fratelli per costruire un mondo più umano e più giusto dove i genitori possano vedere nascere, crescere e prosperare i loro figli e i figli dei loro figli e la terra divenga un luogo di incontro, di confronto di dialogo e di pace».

Lo speriamo tutti perchè quelle scarpe devono avere suole consumate e non intonse.

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