Lampedusa aspetta Berlusconi

Si attende un piano per gestire i quasi settemila immigrati presenti sull’isola. Pur tra timori e rabbia, la solidarietà non cessa, anche di notte  
Lampedusa

«In tutta la mia vita non avevo visto niente di simile», così racconta la signora Rosina nella fila all’imbarco per Lampedusa. Ha 72 anni e di sbarchi sull’isola ne ha vissuti parecchi. Da una settimana è quasi barricata in casa: ha paura, non lascia più le chiavi sulla porta e come lei tutti gli altri isolani che hanno cominciato a fare i conti con il sospetto, in un territorio dove furti e scassi sono praticamente inesistenti.

 

«Questi ragazzi hanno fame – continua – ci chiedono continuamente da mangiare, ma noi non ce la facciamo a sfamare tutti». Lei “per giustizia” da un po’ a tutti, ma ha visto la sua pensione intaccata da un mese di continue elemosine e adesso quando li incontra in strada prova ad evitarli, non senza dispiacere.

 

Una cosa mai vista è quella che si trova all’uscita del piccolo aeroporto: trenta persone in piedi, in attesa di essere imbarcate per un centro d’accoglienza in Sicilia. Vengono dalla Tunisia e tra loro c’è un’intera famiglia, padre, madre una giovane ragazza, un bambino e la nonna di 85 anni. Aspettano da più di un’ora, ordinati, senza strepiti, fiduciosi. È la ragazza a farsi avanti e a spiegare che in Tunisia c’è il caos e che è meglio fuggire piuttosto che restare nell’incertezza.

Sulle strade che portano in centro c’è il via vai di giovani nordafricani che in queste settimane abbiamo conosciuto dagli schermi. In estate le stesse vie sono intasate da turisti: altri colori, altro abbigliamento. Ripeto con Rosina: sono davvero tanti.

 

Sul sagrato della chiesa in cinquanta si stanno posizionando per la notte, con qualche coperta e qualche foglio di giornale: dormiranno all’addiaccio e per terra. Padre Stefano Nastasi, parroco dell’isola insieme a padre Argento, venuto da Canicatti, per aiutare distribuiscono un insolito sacchetto: una grande fetta di panettone, con un tovagliolo. «Un negoziante ci ha mandato un avanzo del magazzino, con la nave da Portoempedocle e quindi stasera ci sarà il dolce, anche se fuori stagione. Qui quando arriva da mangiare è sempre Natale», commentano. Davanti alla porta della canonica anche alle dieci di sera c’è la fila per la doccia e per il cambio di biancheria. Gianni, un lampedusano con la passione per la musica, regola i turni. Questi ragazzi poco più che ventenni attendono pazienti e ripetono, come una litania: «Grazie Lampedusa. Scusate per il disagio». Certo non gli appartiene il cliché normalmente cucito alla parola clandestino e immigrato. Qui nessuno nasconde il dispiacere e anche la rabbia per le azioni violente degli ultimi due giorni, ma c’è pronta la giustificazione: «Non si lavano da una settimana, mangiano male e poi tra tutti questi uno o due delinquenti ci saranno sempre».

 

Continuando il giro sulle spiagge, le tende arrangiate non si contano, plastiche, lenzuola, legno secco: tutto serve a costruire un riparo di fortuna. Si accendono tanti falò e tutta l’isola sembra un accampamento. Sono troppi continuano a ripetere i miei accompagnatori e i numeri ufficiali non corrispondono al vero. «Io stessa, ieri – mi dice Anna –, ho visto approdare una barchetta con settanta persone in una caletta lontano dal porto. Ho chiamato la polizia, ma alcuni sono sfuggiti alla conta. E nelle altre cale, cosa succede?». Le cifre ufficiali parlano di quasi settemila presenze.

 

Intanto oggi si attendono le navi che dovrebbero portarne via almeno la metà, mentre ieri sera un ponte aereo ne ha portati via circa sessanta. I lampedusani sono in fibrillazione dopo la notizia dell’arrivo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, annunciata per oggi intorno alle 13. «È troppo tardi dicono alcuni pescatori, bisognava agire prima». Ricordano che in altri anni sono passati sull’isola più di 35mila immigrati, ma mai si era vista una cosa simile. Ecco, anche loro ripetono la stessa impressione di Rosina. Intanto i volontari della Caritas e non solo, hanno cominciato il loro giro notturno con quattro enormi scatoloni di panettone: un ristoro piccolo per questi giovani, in attesa di un vero Natale.

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