Lamore per i poveri è scuola di legalità
Se vogliamo sconfiggere la minaccia continua dell’illegalità, se vogliamo reagire alle crisi economiche che attraversano il mondo, dobbiamo diffondere con la nostra testimonianza, soprattutto tra i giovani, la cultura della solidarietà e dell’amore per tutti, ma particolarmente per i più poveri. L’amore per i poveri attrae i giovani, ed è una proposta che cambia il cuore di una generazione. Se vogliamo domani uomini felici dobbiamo invitare i giovani a incontrare le povertà e a lavorare per sconfiggerle.
Di fronte alla crescente povertà, il ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, ha affermato: «Sì, questo è un momento difficile, incombe la crisi economica, i poveri crescono, i terremoti ci distruggono case e lavoro, il mondo è scosso e forse noi abbiamo paura. Credo che tutti ci sentiamo deboli, movimenti, associazioni, parrocchie. Ma abbiamo scoperto che la debolezza non è un limite, che essa va abbracciata. Si semina nella debolezza e si raccolgono frutti abbondanti. Il nostro errore nel passato, è stato quando volevamo essere grandi, potenti, seminare nell’abbondanza… Le nostre strade sono invece quelle dei piccoli, sono quelle dei mezzi poveri, quelle dell’amicizia, dell’aiuto reciproco, delle strette di mano. Sì, in questo momento di crisi profonda non abbiamo paura. Ci sentiamo uniti, uniti a Gesù, alla Chiesa, alla Parola, uniti tra noi… questa è e deve essere sempre la nostra forza».
L’invito a impegnarsi per sconfiggere le povertà, sottolineato da tantissime esperienze, è emerso con forza dal secondo Convegno “Chiesa di tutti e particolarmente Chiesa dei poveri”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità Giovanni XXIII e alla Diocesi di Napoli.
Oltre mille delegati di 160 movimenti e associazioni hanno invaso il centro storico di Napoli per due giorni: una moltitudine di espressioni, una vivacità di accenti, una ricchezza di contenuti hanno dato vita a un ideale magma incandescente che ha colorato e dato speranza non solo alla città partenopea, ma alle tante città italiane da cui i delegati provenivano e cui sono ritornati. Una straordinaria esperienza di comunione fraterna che ha potenziato e illuminato gli sforzi, i tentativi, i progetti di tanti.
In un’armonia di voci, fatti, incontri, sensazioni, si è levata alta la testimonianza di chi è stato amato e accolto nella propria indigenza ed ha ritrovato la propria dignità di uomo. La marcia per le vie di Napoli con le testimonianze di Jean Tecagne del Senegal, di Floreana Stan dalla Romania, di Vincenzo del Prete di Napoli, di Oziosa Obilonu della Nigeria, di Julie Jibueze e di tanti altri, ha reso visibile cosa può significare l’amore donato a chi è senza casa, senza famiglia, rifugiato, rom, disoccupato.
Non beneficenza, che è forma riduttiva dell’amore, ma impegno per ristabilire l’uguaglianza nei diritti fondamentali, unica strada per quella giustizia che feconda la terra e sconfigge la diffusa illegalità diffusa. «Un impegno che deve diventare sempre più grande – ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di sant’Egidio – affinché l’amiciza con i poveri diventi l’anima della politica. Se il mondo globalizzato vuol farci credere che solo la ricerca del profitto genera benessere, noi diciamo che solo il dono gratuito, la cultura del dare rigenera la società e il mondo. La gratuità può fare la storia. Questa buona notizia vogliamo far vivere nel mondo di oggi. La cultura del gratuito, senza alcuna ombra di proselitismo, infatti reintroduce l’umano nel cuore della vita degli uomini e donne del nostro tempo. Ridona lo spazio alla pietas e alla percezione di un destino comune…La gratuità libera l’uomo di oggi dal sentimento di estraneità all’altro, di paura, di diffidenza…Possiamo tollerare che intere aree del globo siano abbandonate alla guerra, alla violenza diffusa o alla povertà? Questo riguarda anche l’impegno per la pace, allarga il nostro orizzonte, ci fa riscoprire le potenzialità delle nostre comunità».
Forte è, risuonata in questi due giorni la parola del Concilio Vaticano II, più viva che mai nel suo richiamo ad affrontare le sfide di un mondo nuovo e complesso, a leggere i segni dei tempi. Un Concilio – come veniva ben ricordato – che ha favorito la nuova primavera nella Chiesa con la nascita di nuove realtà ecclesiali a partire dalla Caritas, nata nel 1871, al Rinnovamento nello Spirito nel 1967, alla Comunità di sant’Egidio nel 1968, alla Comunità Giovanni XXIII nel 1973, all’associazione Rondine, alla Cittadella della pace, 1977. Finanche l’intuizione carismatica di Chiara Lubich, nata ben prima del Concilio è stata vista come un laboratorio del Vaticano II e del suo messaggio di unità. Toccante e commossa la testimonianza di Eli Folonari che ha vissuto accanto a Chiara per oltre 50 anni.
Il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe ha ripetutamente invitato i movimenti e le associazioni presenti a continuare a lavorare uniti, ad andare avanti in questa scelta preferenziale dei poveri, ad aprire sempre ogni giorno le porte del cuore per creare un umanesimo planetario. «Essere Chiesa dei poveri e con i poveri è il cammino che risponde alle esigenze dell’umanità. È l’invito che ci viene dal Concilio Vaticano II. Sappiate che la Chiesa è vicina all’uomo nei suoi dolori e nelle sue gioie e invita tutti a dare la vita per gli altri a seguire Cristo che si è fatto povero e sofferente. Ricordatelo sempre: il rapporto con i poveri è una ricchezza, quanto più si dà più si riceve. Chi è amico dei poveri è amico dei Cristo, chi è amico di Cristo è amico della Chiesa, nessuno è escluso da questo grande e universale progetto Anche uomini di altre fedi e persone di convinzioni non religiose».