L’amore ha le sue ragioni
Werther, musica di Jules Massenet. Roma, Teatro dell’Opera. Tre atti del musicista francese, anno 1893, derivati (in parte) da Goethe, con la storia del giovane preromantico suicida per l’amore impossibile con Charlotte, poi redento dal canto dei bambini la notte di Natale. Opera raffinata come strumentazione – gli echi dei contemporanei Ciaikovskij, Brahms e amici sono individuabili -, elegante nel fraseggio in una conversazione ininterrotta tra i personaggi, con alcune romanze suadenti e popolari (Ah, non mi ridestar), ma sempre di stile prezioso, Werther non ha sbavature, imprecisioni. È perfetta come un gioiello. La sensibilità tuttavia non è quella goehiana, tra accensioni e depressioni, triste e in fondo pessimistica. Massenet crea una temperie morbida, calibratamente affettuosa, un che di vaporoso che si trasmette in particolare agli archi levigati, con sottolineature drammatiche al momento giusto. Quello che al musicista interessa è ricreare la storia d’amore nelle sfumature più sensibili, toccare le corde psicologiche più intime, con delicatezza ed un colore che richiama la tavolozza degli Impressionisti. Siamo ad un post-romanticismo, quella sensiblerie decadente, morbosa e sognante: dolce, diceva Verdi. A Massenet, più che la forza drammatica, si addice la capacità introspettiva, quasi femminile del sentimento (se ne ricorderà Puccini): egli vede l’amore come un insieme di ragioni del cuore, insopprimibili, che solo la morte e la speranza di un ricongiungimento futuro possono soddisfare, dato che le regole sociali non lo permettono. Massenet parla con una poesia ipersensibile, che ne forma tuttora il fascino. L’edizione romana, allestita con gusto tradizionale, insieme ad una regia piacevolmente didascalica, ha avuto due punti di forza. Il primo, la direzione di Alain Lombard che ha ottenuto dall’orchestra un suono flessuoso,di velluto e di trine, profumato si direbbe, così francese. E il protagonista Giuseppe Filianoti, eccellente tenore lirico, voce virile e delicata, assai musicale e credibile come attore. Insieme a lui, buona la prova di Natale De Carolis (Albert) e di Beatrice Uria Monzon (Charlotte). Vivo successo di pubblico per un’opera mai uscita dal repertorio. ANDREA BACCHETTI Musiche di Cimarosa, Cherubini, Clementi, Rossini. Roma, Istituzione Universitaria dei Concerti. Pianista da sempre, il giovane Bacchetti, ormai affermato, è uno di quegli individui tutto-musica. Quasi il corpo non esiste, mentre, infallibile e delicato nel tocco, preciso nel ritmo, affronta le dolcezze cantabili cimarosiane, l’ironia caustica del vecchio lupo Rossini, affettuoso e smagato; ci sorprende con le Sonate di Clementi e Cherubini. Bacchetti è veloce e pulito, accarezza le fioriture, non perde un colpo, ma anche si lascia – finalmente – andare. Non può che fargli del bene, a lui e a noi.