L’amore… è verde

Il racconto di un collaboratore di Città nuova, menzione speciale al Premio letterario internazionale di S.Valentino, di poesia e narrativa sull'amore, in tutte le accezioni, umano, per la natura,  a Dio.
fiore

Quando arrivò in ufficio, non mi fece una buona impressione, nel senso che una così ti crea un po’ d’imbarazzo. E poi uno, solitario come me, nel lavoro, abituato a star solo, a farsi i fatti suoi, condividere uno spazio, mica grande, insomma un po’ ci sformavo.

Intanto, la furba, andò subito ad occupare il posto migliore, vicino alla finestra, e poi se la tirava, uh! E come!

 

D’accordo, gli occhi ce li avevo anche io e a dirla tutta non mi era indifferente. Mi dissi: «Attento, una frangetta così che ti capita fra capo e collo all’improvviso, è roba da farti girare la testa! E allora contegno ci vuole… e niente sbirciatine, comportati bene che sei anche sposato!».

 

E tuttavia ammetto di averci provato. Le offrivo da bere. Un tipo, però! Sveglio!

E mica ci cascava. Si, accettava, un po’ d’acqua, al massimo… sai che soddisfazione!.E di rado anche.

 

E io lì a fare il cascamorto come un quindicenne, a esser gentile, a farle mille moine, a parlarle di me… Sapete come si fa, no? Con le donne… Che sono sensibili quelle… Le parlavo del mio lavoro e lei ascoltava. Allora mi dicevo: «È fatta, questa ci stà!». E invece… niente, non c’era proprio trippa.

 

E poi era un tipo ligio in Azienda, che quasi ti faceva sfigurare. Oh, io pure non scherzo e se c’è da lavorare non mi tiro indietro. Ma quella sbarbina ce la trovavo, in ufficio, prima di me al mattino! E la sera… sempre al suo posto! Ci passava la notte sul lavoro…mi sa. Una così, garantito, ti manda ai pazzi.

 

Ogni tanto pensavo: «Con questa ci vuole decisione, mi sa di quelle smortine che se non ti fai avanti…». E però era sempre così contegnosa che mi smontava. Insomma dopo tanti tira e molla imparai a conviverci.

 

Alla fine, mi dissi: «Questa, sta qui in ufficio come me, a fare la sua parte. Rispetto ci vuole». E non ci pensai più. Beh, più, non è esatto. Non era possibile perché chi non l’ha vista agghindarsi tutta, specie in estate, non può giudicare.

Ma io si. Io che me la trovavo di fronte tutte le mattine e… certe mattine, ohè, dico, roba fine, di lusso… roba per ricchi! Potrei scrivere un catalogo sui colori che metteva su. Un gusto! Una finezza! Uh! Che femmina!

 

E poi sana, in salute. Quella il raffreddore, l’influenza, non sa neanche da che parte stanno. Tra noi lo posso dire: e che! Qualche volta non mi capita di alzarmi male, lo stomaco sossopra e la bocca che sembra di aver mangiato peperonata alle cinque del mattino? E allora uno se ne sta a casa e aspetta che gli passa, magari basta un giorno, tra noi si può dire, una volta, due l’anno… e che diamine! Se uno se ne sta a casa, si prende un giorno che male c’è? Il mondo non si ferma, figurarsi l’Azienda!.

 

Lei invece, la smortina, quella fragile fragile, il sesso debole, quella, niente, mai una buca, sempre presente. Altro che Carabinieri! Nei secoli fedele, sembrava fosse il suo di motto, mica dell’Arma!

 

E poi che rabbia! Bastava che uno entrasse in ufficio che subito la puntava diritto come un incrociatore e cominciava a sproloquiare e a sbavarle addosso. Io ero geloso. E come! Subito mi attivavo a fare sbarramento. «Roba mia, roba privata, per piacere, non è per estranei».

 

La piccola m’aveva rosolato bene bene. Avrebbe potuto far di me qualsiasi cosa (robe che si dicono quando si è innamorati, naturalmente…).

 

Avevo anche imparato i suoi ritmi. Sapevo aspettare. Oramai purché fosse gentile, mi andavano bene anche i suoi silenzi ma… che si facesse guardare! Mi bastava anche solo quello.

 

Delicata, con i sui rami verdi di foglioline tornite, rigogliose, cangianti dal verde più tenue al viola acceso a seconda della stagione. Per me e per me solo era dolce pronunciare segretamente il suo nome, difficile d’altronde, di quelli che si danno alle piante grasse.

 

Me la invidiavano tutti in Azienda. Ma era mia.

 

Poi un giorno, era passata già da un po’ l’ultima fioritura che l’aveva vista più sfolgorante che mai, mi accolse con un regalo. Non me l’aspettavo! Era la prima volta… E mi ricordo bene la data, e per tanti motivi.

 

La piccola quella mattina appena misi piede in ufficio, trovandola al suo posto come di consueto, aveva issato sul ramo più alto, un fiore. Un unico fiore.

 

Era il quattordici marzo, duemila e otto.

 

(Intanto è una storia vera e lui, il fiore, lo conservo gelosamente)

 

Per chi non lo sapesse il 14 marzo 2008 è il giorno in cui è salita al cielo Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari, il più diffuso movimento laico cattolico a livello mondiale.

 

Ah! Dimenticavo… Lei, la pianta grassa si chiama Schlumbergera (detta Cactus di Natale), della famiglia delle cactacee, genere cactus epifiti, originaria del Brasile. Risiede stabilmente nel suo ufficio, lato finestra, nella Tipografia Città Nuova a Roma.

 

(vedi immagine…non è un amore?)

 

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