L’amore crudele e dolcissimo

La descrizione viva e asciuttissima della malattia che l’ha portata in sedia a rotelle comincia con una frase allo specchio: Distolgo in fretta gli occhi da colei che non è me. Trovatemene una di pari grandezza nell’attuale letteratura biografica, Chiara M. non dice il proprio cognome né il nome della malattia – ed e giusto così – ma ce la racconta tutta, senza falsi pudori ne ostentazioni: è un carattere forte, fiero, reattivo, capace di pazienza quanto di ribellione; e di fronte a quel male tremendo che con lentezza crudele le toglie una ad una le capacità di cui i sani non s’accorgono, non piatisce, lotta, lotta come quando, bambina, a chi le chiedeva Vuoi andare da sola? aveva profeticamente risposto: Tì, tola. In famiglia, ancor prima che a lei, dolori a camionate, ma ha una madre cristiana di roccia, capace di morire di cancro raccomandando ai figli di non vestirla di nero: E poi non voglio vedere facce da funerale. Intesi?. Questo conta. Come la scoperta, in una predica, che ai bambini appartiene il regno di Dio, o la preghiera di restare come loro. Infermiera, amante della natura, non portata al matrimonio per una ancora inconsapevole vocazione che poi si specifica nel dolore, Chiara incontra Dio sui monti del suo Trentino, poi a Lourdes dove fa la prima Comunione ricevendo, dice, dalla Madonna il suo Gesù, e poi incontra un’altra Chiara, la fondatrice dei Focolari, che in un congresso le parla dall’amore altissimo del Crocifisso abbandonato dal Padre, che la bambina decide di mettere al primo posto nella sua vita. Chiara Lubich le consegna la parola del Vangelo: Ti seguirò ovunque tu vada. Ed ecco la sequela, il dolore, nella via crucis degli ospedali, che si snoda per tutto il libro: diario, lettere (molte a e di Chiara Lubich), riflessioni, la stupenda finale conversazione in una classe scolastica, che è una lezione altissima di vita concreta, sia in senso fisico che spirituale, da laurea ad honorem. E la dinamica sconvolgente, rapinosa, imprevedibile e impadroneggiabile – cristallinamente autentica – di felicità (Non cambierei la mia vita con quella di nessun altro) e di sconforto in un continuo girare, cadere, sollevarsi verso l’unica meta: Dio. Non fa complimenti Chiara, né con sé né con il lettore, come non fa complimenti con lei Chiara Lubi- ch, da saggia madre d’anima; quando la prima si abbatte, la seconda le ricorda: Gesù Abbandonato è tornato a visitarti ed è proprio vero che la radice non vede la chioma dell’albero. La prima trema alla scuola durissima del nulla assoluto , e 1a seconda le fa strada: Ti suggerisco di vivere l’attimo presente e in esso fare ancora lo sforzo dì andare al di là della Piaga(…). So di poter contare su di te (…) per la realizzazione dei progetti di Dio sull’umanità. Così l’una e l’altra, a mani intrecciate, trasformano il dolore in un lavoro soprannaturale. I frutti arrivano: Acquisto la capacità di amare senza limiti, con l’eco: Egli ti fa fare con Lui il cammino più ripido, ma quello che ti porta dritta nel cuore di Dio. Chiara sente il bisogno di unità più dell’aria che respiro: certi dolori non si portano da soli; e l’unità viene, persone che hanno bisogno di lei sempre più numerose, sane e spente, malate e smarrite, e lei sa amarle – il che in termini di realtà spirituale significa rigenerarle – perché paga in contanti (dolori e tentazioni anche nella fede) per sé e per loro; ma ora il mondo le appare, come è, un grande asilo infantile in cui si litiga e si pretende: il politico con il ciuccio (…), un drogato che si dondola sull’altalena . Mentre non c’è più quasi nessuno che sa ascoltare, lei diventa tutta ascolto, sul proprio annientato desiderio di vita. E ancora una volta non si nasconde niente (mi faccio schifo dice, e vorrebbe chiudere qui), ma poi sa donarlo, il proprio niente, e allora ritorna la luce, che la solitudine della Croce irradia abbagliante: Vengono sempre molte persone (…) così diverse e con mondi apparentemente inconciliabili tra loro. Però con me ciascuno ha un rapporto. Il viaggio non è finito: Alle volte sei un Dio ostinatamente silenzioso, alle volte dai la sensazione di essere perfino crudele. Ma… ti amo. È Gesù che vive in me. E questo è mistero: nel quale invito ad entrare il lettore, specialmente perplesso, specialmente disperato. Stammi vicina, dammi la mano 12 giugno 1999 (a Chiara Lubich) …non è rimasta altra soluzione che propormi la sedia a rotelle. (…) dirti quanto mi ha sconvolto è difficile, ma credo che tu lo capisca (…) non vedo nulla. Mi è rimasto solo il dolore (…). Stammi vicina, dammi la mano perché la salita è sempre più dura. 28 giugno 1999 Ho potuto salutare per brevi istanti Chiara (…). Non sono mai stata una che si spreca in svenevolezze, eppure quando la incontri lei ti trasmette la certezza che il Cielo, il Paradiso esiste. C’è ed è reale. So di essere nel suo cuore e ciò mi basta. 2 agosto 1999 Alle 3 mi sono svegliata per il dolore ai piedi. Ma finirà mai questa tortura? No, non voglio arrendermi all’idea della carrozzina, la rifiuto violentemente, non l’accetto.Non posso. È una repulsione d’anima profonda. Sei Tu. Ma saperlo in questo momento non mi dà molta consolazione (…). Fidarmi e sentire solo il sapore del dolore. 6 settembre 1999 …devo solo essere canale per poter donare acqua agli assetati. Non si deve vedere il canale, ma solo l’Acqua…. 25 settembre 1999 Ho capito una cosa. Non ha molta importanza se la cura funziona o no, se posso camminare o meno, se guarirò un giorno o l’altro, ma essere me stessa dove Lui mi vuole, quando Lui mi vuole, con chi Lui mi vuole. Nell’attimo presente. Solo questo vale. Da Chiara M., Crudele dolcissimo amore, San Paolo.

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