L’amore che dà Speranza
La storia della Fazenda da Esperança: 68 centri di recupero in 22 provincie del Brasile che dal 1983 hanno restituito la vita a migliaia di tossicodipendenti. Ora il Vaticano ne ha riconosciuto il carisma.
Guaratinguetá. Piccola città della provincia di São Paulo, Brasile, 1983. Iniziano qui i primi passi della Fazenda da Esperança, una comunità di recupero per tossicodipendenti che ha aperto 68 centri in 22 province e ha esportato l’esperienza in altre nove nazioni. Ora il Vaticano ha riconosciuto nell’esperienza, l’azione di un carisma. L’iniziatore è Nelson Giovaneli.
Ogni giorno, tornando in bicicletta dal lavoro, Nelson vede quei giovani, come lui sui vent’anni, all’angolo vicino a casa. Spendono lì il loro tempo, la loro gioventù, le loro vite usando droga. Cosa avrebbe potuto fare? Si ricorda di una lettera di san Paolo che aveva sentito alla messa: «Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli». Il suo parroco, Hans Stapel, un francescano tedesco che aveva aderito alla spiritualità del Movimento dei Focolari, gli ricordava sempre che le parole scritte sul Vangelo andavano vissute.
Nelson trova una scusa per avvicinarsi a quei giovani. Ed eccolo lì, anche lui a quell’angolo. La sigaretta di marijuana circola, tutti ne prendono un po’. Non Nelson. Pian piano nasce una vera amicizia tra tutti, cosa insolita in quell’ambiente. «Dopo un certo tempo, avevamo un rispetto così grande per lui – racconta Antonio Eleutério, uno di quei giovani, che ha chiuso con la roba ed è pure papà – che quando arrivava, non riuscivamo più usare la droga». Una svolta è il compleanno di uno dell’angolo. Una torta, “tanti auguri” e una gioia semplice che fanno decidere Antonio per primo a cambiare vita. «Portami dove vuoi – dice a Nelson – Ho bisogno di qualcuno che stia con me 24 ore su 24». Luogo di rifugio diventa la comunità della parrocchia.
Le settimane passano ed altri giovani dell’angolo come Antonio vogliono cambiare vita. La madre di Nelson mette a disposizione la casa. «Perché non abitate insieme?» – suggerisce. Nelson, Antonio e altri quattro giovani che volevano disintossicarsi condividono la stessa casa, fanno una meditazione spirituale ogni mattina e frequentano la messa quotidianamente. Pattuiscono di sostenersi del proprio lavoro, (all’inizio tagliare l’erba) e mettono tutto in comune. Hans Stapel, il parroco, riceve la donazione di una terra nella zona rurale della città. Nelson lascia il lavoro e si dedica esclusivamente al recupero dei tossicodipendenti. Nasce così la Fazenda da Esperança.
Sei anni dopo, sorge il primo centro di recupero femminile. Nel 1992, il primo in un’altra città. E nel 1998, la Fazenda da Esperança arriva, per la prima volta, in un altro paese, la Germania, sempre in terre donate da persone che avevano conosciuto la vita di questa comunità. I centri, sparsi nel mondo, hanno aiutato finora 12 mila giovani e attualmente ne ospitano circa tremila. Altre trenta Fazendas sono in attesa di trasformarsi in centri di recupero. L’espansione si è accelerata negli ultimi tre anni grazie alla visita di Benedetto XVI, nel 2007, alla sede di Guaratinguetá, in occasione del suo viaggio in Brasile. Il papa rompendo i protocolli ha salutato i giovani in fase di recupero e ha detto: «Non basta curare il corpo, è necessario adornarne l’anima con i più preziosi doni divini conquistati per mezzo del Battesimo. Ringraziamo Dio per aver permesso che tante anime percorrano il cammino di una speranza rinnovata, con l’aiuto del sacramento del perdono e la celebrazione dell’Eucaristia».
Fra la fine dello scorso maggio e l’inizio di giugno, Nelson, Frate Hans, Antonio e altri protagonisti di questa storia sono stati in Italia per due settimane, con 300 rappresentanti della grande famiglia della Fazenda: fondatori, volontari, religiosi, ex-tossicodipendenti e loro genitori, imprenditori e politici. Il Vaticano ha riconosciuto l’opera svolta come parte integrante della chiesa cattolica. Durante l’atto di consegna del decreto di riconoscimento della Fazenda da Esperança da parte del Pontificio Consiglio per i Laici, frate Hans Stapel ha affermato che le Fazendas «hanno come base e fondamento l’amore gratuito, che viene da Dio». Ha aggiunto: «sentiamo sempre più l’appello di portare questa vita laddove il proprio Gesù sta soffrendo in tante persone. Vogliamo andare per il mondo e conquistare cuori per Dio».
Il viaggio in Italia è stato anche un’opportunità per tornare alle sorgenti e dell’esperienza: il carisma di San Francesco e quello di Chiara Lubich. Per questo, sono state tappe fondamentali le visite ad Assisi, terra di Francesco, ed ai centri del movimento dei Focolari a Roma e a Loppiano (Firenze). «Il carisma di Francesco ci ha dato la vocazione vivere insieme ai tossicodipendenti, agli alcoolisti, ai portatori di Hiv, e a vivere la convivenza fraterna in modo semplice», ha spiegato Nelson Giovaneli, iniziatore della comunità. «Il carisma dell’unità costituisce il metodo di recupero, che si vive e si utilizza nella Fazenda da Esperança – ha continuato – I punti della spiritualità collettiva, il patto dell’amore reciproco, la comunione di esperienze, il colloquio, l’ora della verità, sono le nostre basi fondamentali, sia per i giovani in via di ricupero sia per tutti quelli che sostengono quest’opera»,.
Encarnación del Pozo, ministro generale dell’Ordine Francescano Secolare ha concelebrato una messa con i rappresentanti della Fazenda nella basilica di San Paolo fuor le mura. «Prima di tutto vorrei manifestare la mia gioia di poter partecipare all’approvazione pontificia di questo nuovo carisma, della Famiglia della speranza – ha dichiarato Pozo.- Un carisma è qualcosa che sempre si espande, perché è frutto dello Spirito. […] Quindi, per me, il fatto che un nuovo carisma trovi il suo fondamento in due carismi precedenti, è un segno della continuità dell’azione dello Spirito nella sua Chiesa. I carismi non si oppongono mai, sono complementari».
Nell’incontro con Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, a Rocca di Papa, due giovani ospiti della Fazenda da Esperança hanno raccontato le proprie esperienze di dolore, la scoperta trasformante dell’amore di Dio e l’impegno al recupero di altri giovani. Maria Voce ha manifestato la gioia per il riconoscimento e ha sottolineato la missione della Fazenda: «Testimoniare la speranza che viene dal Vangelo, dalla parola vissuta e trasformare le persone che vivono la Parola in uomini nuovi, contribuisce a fare di tutta l’umanità una famiglia». E ha concluso: «Sono tante opere distinte per moltiplicare le possibilità di bene, ma andiamo avanti insieme. È tutto gioia».