L’amore ai tempi della Bibbia
L’amore è rimasto uguale dall’inizio del mondo. È fuoco che incendia il cuore, le vene. Come il fuoco, può riscaldare, illuminare, rallegrare. Ma, come il fuoco, può anche scottare, ustionare, distruggere. L’amore, dai poemi di Omero ai nostri giorni, ha salvato molta gente e tanta ne ha portata a rovina. Chi conosce l’amore sa che è materia da usare con cautela, ma da usare. Perché, se per paura di scottarsi ci si chiude a riccio e si sbarra la porta all’amore, capita ciò che di più tremendo può accadere a una persona: diventare insensibile, ritrovarsi con un cuore rinsecchito, che a poco a poco si riduce a sasso. L’amore è follia, ma è «la più saggia delle follie», scriveva Shakespeare. La Bibbia chiama questa saggia follia «fiamma di JHWH» (Ct 8, 6).
Parla spesso d’amore, la Bibbia. Dell’amore tra uomo e donna, e dell’amore divino. A volte usa l’uno come termine di paragone per l’altro. Perché, si sa, la Bibbia non ama le cose astratte. Quando Dio vuole suggellare la prima alleanza con l’umanità non fa un discorso spirituale o morale, ma fa nascere un bambino: Isacco, nato dal ventre della non più giovane Sara. E quando decide di inaugurare la nuova alleanza manda ancora un bambino: Gesù, nato dalla giovinetta Maria. La prima e la nuova alleanza si aprono con un vagito, con un bambino lavato dopo il parto e avvicinato al seno della mamma.
Queste pagine raccontano storie d’amore e di matrimoni contenute nella Bibbia, libro sacro che in gran parte accomuna ebrei e cristiani, ma che affascina molte persone di ogni religione o senza religione.
Avverto, sono storie che possono destare qualche perplessità. Se l’amore è rimasto pressoché immutato nei secoli, non è stato così per il matrimonio. «True love knows no season, no rhyme or no reason», dice una canzone irlandese, il vero amore non cambia, non conosce stagioni né ragioni. Ma il matrimonio cambia, anche ai giorni nostri è diverso a seconda delle culture, attraverso le latitudini e le longitudini del mappamondo.
Il matrimonio ai tempi della Bibbia era diverso da quello che conosciamo oggi. Si inseriva in usanze sociali, in problematiche storiche e in standard morali lontani dalla nostra sensibilità, rifletteva una concezione della donna diversa da quella attuale, avere figli aveva un valore diverso da quello che gli riconosciamo oggi, l’adulterio era punito violentemente, per lunghi tempi della storia biblica era lecito per un uomo avere più mogli, ripudiare la moglie e avere concubine. Tenendo conto di questa avvertenza, tuffiamoci nei racconti.
Ma non subito. Prima di iniziare è utile fare un accenno alla visione della sessualità dell’Antico Testamento. In esso la dimensione erotico-sessuale è profondamente ancorata alla dottrina della creazione compiuta da Dio, nella quale tutto è buono: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1, 31).
Il libro della Genesi consacra l’attrazione sessuale che lega l’uomo alla donna e li fa diventare una sola carne, per la soddisfazione reciproca e per la trasmissione del bene più grande, la vita. «Allora l’uomo disse: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta”. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2, 23-24).
Nell’Antico Testamento il matrimonio è così visto come la condizione naturale dell’esperienza umana, voluta da Dio: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2, 18).
La Bibbia conosce l’istinto sessuale – «verso tuo marito sarà il tuo istinto» (Gen 3, 16), «io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me» (Ct 7, 11) –, ma non ritiene che esso sia da ascriversi alla parte più spregevole e animale della persona. Il fatto che la pratica del sesso sia accompagnata da piacere è, per l’israelita, una prova ulteriore della bontà di Dio. La concezione biblica intende infatti l’atto sessuale fra moglie e marito come conoscenza (cf. ad esempio Gen 19, 8; Gdc 11, 39; 1 Sam 1, 19). Nell’atto sessuale lo sposo conosce la sua donna, la sposa il suo uomo.
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Nell’antico Israele la sessualità era considerata funzionale a un valore ritenuto fondamentale: generare figli per perpetuare il popolo della promessa. La donna assumeva quindi valore, e veniva elogiata, in quanto madre e conduttrice della vita familiare: «dà [al marito] felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita… Si alza quando ancora è notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia… Sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane della pigrizia. Sorgono i suoi figli e ne esaltano le doti, suo marito ne tesse l’elogio… Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare» (Pr 31, 12-30). La sterilità o la mancanza di marito compromettevano seriamente la posizione sociale della donna, ed erano pertanto da lei percepite come autentiche disgrazie.
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Ma torniamo a noi. Nel Cantico dei Cantici la dimensione erotica è uno degli ambiti privilegiati dell’esperienza umana scelti per illustrare il rapporto fra Dio e Israele, ed esprimere qualcosa della realtà divina. Il fatto che l’esegesi ebraica e cristiana del Cantico dei Cantici siano state prevalentemente di carattere allegorico, nulla toglie alla valorizzazione che il testo sacro fa dell’amore dei due amanti protagonisti del poema: «Mi baci con i baci della tua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore» (Ct 1, 2). La sensualità di cui è permeato il Cantico dei Cantici si effonde in descrizioni passionali e poetiche del corpo femminile e maschile, considerate dalla Bibbia degne della massima considerazione in se stesse, in quanto sono alla base del corteggiamento finalizzato al matrimonio.
La letteratura profetica si serve spesso di immagini sponsali per descrivere il rapporto d’amore tra Dio e Israele: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa» (Os 2, 21) e anche la non sempre fedele risposta del popolo eletto: «Dimentica forse una vergine i suoi ornamenti, una sposa la sua cintura? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato» (Ger 2, 32).
Il libro del Qoelet indica all’uomo come è buono godere delle gioie della vita finché è giovane, prima che l’amarezza della vecchiaia oscuri ogni desiderio: «Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole» (Qo 9, 9). E i Proverbi affermano: «Trova gioia nella donna della tua giovinezza: cerva amabile, gazzella graziosa, i suoi seni ti inebrino sempre, sii sempre invaghito del suo amore!» (Pr 5, 18-19).
E ora ai racconti. Che, è bene precisare, sono liberamente ispirati al testo della Bibbia e contengono passi che sono frutto di fantasia. Ritengo tuttavia che non travisino l’essenza del libro sacro. Anzi spero ne possano invogliare la lettura.
Quando fioriscono i melograni. L'amore ai tempi della Bibbia di Michele Genisio (Città Nuova, 2014).
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