L’America contemporanea di Rossella O’Hara

Antonio Latella riscrive Via col vento e mescola il sogno americano alla contemporaneità pop: accanto ai monologhi contro la razza nera e alle bandiere calpestate ci sono Marylin e Madonna, i Simpson e Barbie. Retorica e ironia si intrecciano
Spettacolo francamente me ne infischio

Qualsiasi autore o testo affronti, sia esso un classico o un contemporaneo, Antonio Latella crea sempre un’inedita, spiazzante lettura scenica con approcci stilistici, di respiro europeo, che scardinano precedenti costruzioni.

Non fa eccezione, anzi, ne conferma la genialità, lo spettacolo Francamente, me ne infischio, la celebre battuta con la quale Clark Gable, ovvero Rhett Butler, si congeda da Vivien Leigh, ovvero Rossella 'O Hara, nella sequenza finale del film Via col vento. Il romanzo di Margaret Mitchellè diventato oggetto di riflessione e di riscrittura totale da parte del regista napoletano con la consulenza drammaturgia di Federico Bellini e Linda Dalisie delle attrici coinvolte nel progetto – Caterina Carpio, Valentina Vacca, Candida Nieri: un processo di creazione collettiva. Una pratica teatrale che fa del corpo dell’attore una mappa di segni, di ricerca gestuale, coreografica, musicale che diventa alfabeto teatrale per raccontare, qui, un’epopea.

Una scena che ben descrive è quella dove Caterina Carpio, con movimenti ritmati si toglie, scuoiandosi, il costume da scimpanzè; e, in controluce, bevendo wiskhy da un bottiglione, spruzza il liquido su una distesa di bandiere a stelle e strisce sopra le quali, calpestandole, ingaggia una scatenata danza tribale. Come se non bastasse, all’estenuante prova fa seguire una lunga invettiva, una sorta di decalogo contro la razza nera e i nativi indiani, puntando minacciosa una pistola sulle due donne ai lati e sul pubblico. Lei è Rossella O’Hara, interpretata a turno dalle tre attrici sempre presenti in scena – e qui, incarna l’America bianca, violenta, sfacciata e nostalgica, dello sfruttamento e dell’oppressione.

Se in Black – terzo dei cinque quadri, Twins, Atlanta, Match, e Tara – Rossella rivendica la nuova razza padrona, nei precedenti e successivi capitoli ripercorre il grande sogno americano attraverso il suo stesso mito. È l’America delle ambizioni e delle contraddizioni, del puritanesimo e della spregiudicatezza, delle molteplici identità, del progresso e della libertà, del denaro, della schiavitù, della guerra, delle lotte di classe, dell’industria e del petrolio. Elementi che ritroviamo come citazioni estrapolate da alcune pagine intere del libro, ma, soprattutto, nella riscrittura integrale effettuata che diventa anche uno straordinario compendio visivo e musicale d’arte contemporanea con gli archetipi dell’immaginario colto e pop americano.

Tra citazioni e retorica, ironia e visionarietà, troviamo Marylin e Madonna, Armstrong e lo scimpanzè di Kubrick di 2001 Odissea nello spazio, Toni Morrison e Angela Davis, i Simpson, Barbie e Joker, King-Kong e Hollywood, la mela di Apple e le pin-up. È Valentina Vacca nel primo capitolo “Twins” con le fattezze di bambina,a dar voce alla Rossellacapricciosa, inquieta, volubile, perennemente insoddisfatta, che non accetta le sconfitte e non si rassegna, dando inizio, con l’irrompere dei gemelli Tarleton alla demolizione del doppio. In Atlanta, in un paesaggio abitato da sciami di mosche simboli della morte che tutto avvolge, Candida Nieri è Rossella vestita a lutto e impegnata nella festa per raccogliere fondi per le vittime della guerra di Secessione. Scende fra il pubblico per scegliere il suo uomo, portarlo sul palcoscenico, e ballare, sognando di voler essere una farfalla.

Tara è la casa (prigione e luogo idilliaco) che ingombra l’intero palcoscenico: una vera e propria installazione performativa, e con una potente colonna sonora, dentro la quale ritroviamo le tre Rosselle invecchiate, ma sempre giovani e immutate, nei lunghi abiti verdi. Una voce fuori campo ricorda i sogni infranti, i tre mariti – che avremo visti in Match, il capitolo solo dialogato attorno ad un tavolo –, i figli bistrattati, e la speranza ancora di un futuro felice che forse arriverà domani. Perché «Domani è un altro giorno…». Grande tour de force per le tre bravissime interpreti che, in cinque ore di spettacolo, non si risparmiano in energia, dando prova di grande talento e abnegazione.

Produzione Compagnia Stabile/Mobile. Al Nuovo Teatro di Napoli. A Udine, Palamostre, il 13/4; a Milano, Teatro I, dal 17 al 21/4.

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