Lame vincenti
Quando una folla di oltre 50 mila persone si è riversata nelle strade del centro di Torino per l’inaugurazione del campionato del mondo di scherma si è capito subito che si sarebbe trattato di un’edizione storica. Numeri mai realizzati per un evento del genere, numeri possibili grazie ad una delle brillanti intuizioni degli organizzatori che, per la prima volta, hanno portato questo sport fuori dai palazzetti, a contatto della gente, nelle piazze. Uno spettacolo di passione e colori degno di quanto accaduto in occasione dei festeggiamenti per la vittoria agli ultimi Mondiali di calcio. Ed è stato solo l’inizio. Perché la festa si è poi trasferita all’interno dell’Oval, lo splendido impianto che durante i Giochi Olimpici disputati lo scorso febbraio aveva visto trionfare Enrico Fabris e gli altri pattinatori azzurri. Quindicimila i biglietti venduti nei sette giorni di gara, oltre 20 mila i bambini e i ragazzi delle scuole che hanno potuto assistere gratuitamente agli incontri in programma. E che, con il loro tifo, hanno contribuito a creare un clima di entusiasmo che ha contagiato anche gli atleti. Atleti normodotati e… diversamente abili. Perché per la prima volta nella storia di un Mondiale questi ragazzi hanno gareggiato insieme, negli stessi giorni e nello stesso impianto. E hanno alloggiato, sempre insieme, nel villaggio olimpico del capoluogo piemontese. Un luogo che, soprattutto di sera, si è animato al ritmo della musica coinvolgendo e unendo tutti. Un’esperienza sicuramente da ripetere. Perché se è vero che, per ovvi motivi di carattere logistico, non è pensabile che le più importanti manifestazioni sportive per atleti diversamente abili (come ad esempio le Paralimpiadi) siano sempre organizzate contemporaneamente alle gare per normodotati, è altrettanto vero che quando si può, come in questa occasione, è un peccato non farlo, considerato anche che lo sport ha già dimostrato di avere in sé la capacità per aiutare l’integrazione tra due mondi che appaiono spesso distanti. Ed è stata la prima volta anche per la moviola in campo. Un tentativo di dare un aiuto ai giudici, una possibile ancora di salvataggio per gli schermidori che si sentono frequentemente vittime di giudizi errati. Una vera e propria rivoluzione in una disciplina come la scherma, da sempre ancorata alle tradizioni. L’esperimento è parzialmente riuscito, la strada è stata tracciata, ed il passo successivo sarà quello di rendere la moviola visibile anche al pubblico per dare maggiore trasparenza possibile e cercare di ridurre sempre di più l’incidenza degli errori arbitrali. L’insieme di quanto accaduto a Torino rende quindi l’idea di come la scherma stia uscendo da una sorta di dimensione elitaria che in passato ne limitava la diffusione. Pur non avendo un enorme numero di praticanti, infatti, questa disciplina è oggi sempre più diffusa e amata in tantissimi Paesi (un centinaio quelli che hanno mandato propri rappresentanti ai Mondiali). Tanto che non sono più solo Italia, Francia e Russia a spartirsi le medaglie, ma diverse altre nazioni sono ormai capaci di esprimere atleti vincenti. La nostra squadra, come sempre, ha fatto la sua parte, confermandosi ai vertici mondiali di questo sport dal sapore dilettantistico, che conserva un fascino d’altri tempi, dove premi, ingaggi e sponsorizzazioni sono talmente limitati da spingere talvolta qualche nostro campione a cercare successo anche nel più remunerativo mondo dello spettacolo. Nonostante ciò, la nostra scuola si è dimostrata in grado di sfornare sempre nuovi talenti, nuovi atleti capaci di affiancare i campioni già affermati, ragazzi e ragazze capaci di emergere grazie a passione e a tanto impegno. In definitiva, un Mondiale che ha avuto un grande successo, sotto tanti punti di vista. Dispiace solo che la Rai si sia lasciata sfuggire l’opportunità per valorizzare al meglio questo avvenimento. Un atteggiamento difficilmente comprensibile visto che nel nostro Paese la scherma ha già dato ampie prove di una capacità di audience straordinaria, come dimostrano chiaramente gli oltre 5 milioni di italiani che seguirono davanti alla tv l’ultima finale olimpica di fioretto femminile tra la Vezzali e la Trillini. Solo due brevi dirette in chiaro, nessuna immagine delle gare dei diversamente abili. Peccato davvero, visto l’avvincente spettacolo offerto dagli atleti in pedana. Già, peccato, anche perché i Mondiali italiani sarebbero stata l’occasione per far scoprire alcune storie davvero significative. Storie come quella dell’appuntato dei carabinieri Stefano Barrera, un anno e mezzo fermo senza poter prendere un fioretto in mano a causa di seri problemi fisici, che a causa della malattia era stato escluso dal giro della nazionale, e che dopo la vittoria della medaglia di bronzo nella gara di fioretto individuale ha dichiarato: Durante i mesi di malattia ho avuto modo di riflettere sui veri valori della vita e mi sono accorto di come molto spesso le piccole cose che ci accompagnano quotidianamente, ad esempio il semplice mangiare o camminare, sembrano scontate.Ma non è così. Le cose terribili che ho superato mi hanno dato più forza di prima e soprattutto la convinzione che la vita è più importante di una vittoria o una sconfitta. Storie di ragazzi che sanno soffrire, reagire a momenti difficili, e magari poi sanno anche togliersi soddisfazioni importanti per amore di questo sport.