L’amarezza di Cannes

La  65° edizione premia  la durezza del nostro tempo. Vincono "Amour" di Michael Haneke e "Reality" di Matteo Garrone
Il vincitore di Cannes 2012

Se è vero che una partecipazione massiccia aumenta il calcolo delle probabilità di far centro, è altrettanto vero che la quantità non offre garanzie assolute di ritorni sicuri e numerosi. Lo dimostrano i Palmarès del 65° Festival, dove se quasi la metà dei film in concorso erano americani (5) e francesi (4), soltanto "Amour" (passaporto transalpino, ma diretto dall'austriaco Michael Haneke) è riuscito a spuntarla aggiudicandosi la Palma d'oro.

Il Grand Prix è stato assegnato all'Italia grazie a "Reality" di Matteo Garrone (dopo il trionfo di "Gomorra" nel 2008 con lo stesso riconoscimento), il Premio della giuria alla Gran Bretagna con "The Angel's Share" (La parte degli angeli) di Ken Loach, la Palma per la regia al messicano Carlos Reygadas per "Post tenebras lux" e, infine, quella per la sceneggiatura al romeno Cristian Mungiu per "Oltre le colline". Miglior attore il danese Mads Mikkelsen per "The Hunt "di Thomas Vinterber e migliori attrici Cosmina Stratan e Cristina Flutur ancora per "Oltre le colline".

Farà parecchio discutere il film al quale è toccato il riconoscimento maggiore. Non per le sue indubbie qualità, quanto per il contenuto. Coinvolgente, toccante, commovente, racconta gli ultimi giorni di una coppia. Lei è l'indimenticabile Emmanuelle Riva di "Hiroshima mon amour" di Alain Resnais, lui è Jean-Louis Trintignant. Una vita mano nella mano. Ma lei è affetta da un inguaribile male… Bisognerebbe aggiungere un punto interrogativo al titolo. Amore? Il gesto estremo compiuto dal marito non è un atto di coraggio, né d'amore. La sua non è una vittoria, ma una resa. Alla vecchiaia, al male, alla sofferenza. Il coraggio consiste invece nel lottare, nel resistere. E "Amour" non lo fa. Cedendo il passo all'eutanasia si schiera dalla parte della cultura della morte invece che della vita.

Dopo Michael Haneke (Palma d'oro con "Il nastro bianco" nel 2009), anche Matteo Garrone ha fatto il bis, visto che nel 2009 aveva vinto il Gran Prix con "Gomorra". "Reality" è il ritratto soltanto apparentemente paradossale e grottesco dell'Italia d'oggi, della sua caduta di valori, di ideali, di senso critico, tutti travolti dall'ossessione di un'effimera celebrità conseguita attraverso la partecipazione al "Grande Fratello". Identikit angosciante di un Paese di mostri e della sua deriva paranoica  che lo trascina sempre più in basso, tracciato senza cinismo e senza cattiveria, ma con un senso di pietas che invita a riflettere sul nostro futuro.

Ancora un bis e questa volta per Ken Loach, che nel 2006 aveva vinto la Palma d'oro con "Il vento che accarezza l'erba". Con il passare degli anni Ken Loach si è fatto più duttile, meno spigoloso e il suo impegno civile e politico si è trasformato  in un invito a sperare che premia gli ultimi e i puri di cuore. "The Angel's Share", ambientato nella Scozia dei giovani disoccupati, è un film con i toni e i sapori della commedia, dispensati con garbo e ironia, impastati di un umore sottoproletario che trova il suo riscatto in “due soldi di speranza” e nella dimenticata lezione di  un certo neorealismo (come quello di Renato Castellani, per fare un esempio).  
      
Il resto appartiene alla cronaca e si misurerà con il giudizio del pubblico  nella prossima stagione. A cominciare dal messicano "Post tenebras lux", premiato per una regia di tipo sperimentale alla ricerca di compiaciute soluzioni di linguaggio, e del romeno "Oltre le colline" (il suo autore Cristian Mungiu aveva vinto la palma d'oro nel 2007 per "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni" nel 2007), miglior sceneggiatura per una anacronistica storia di sopraffazione, intransigenza e intolleranza.

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