L’altro Vasco
Vasco Brondi da Ferrara naviga con sempre maggior perizia nel grande mare della canzone d’autore italiana. E lo fa celandosi dietro uno pseudonimo, “Le luci della centrale elettrica”, più adatto al nome di una band che a un solista.
Di certo è uno dei nomi più in vista della generazione post-cantautorale italica: uno cresciuto ascoltando De Gregori, Battiato, ma anche Jovanotti, Capossela e gli Afterhours, ma al contempo capace di frullarli nel gran crogiolo nel quale s’agita l’Italietta contemporanea: sempre più smarrita, multiculturale, vogliosa di risposte, ma in realtà zavorrata da troppe domande e contraddizioni. «Quando ho cominciato a un nuovo disco da fare – ha dichiarato recentemente a La Stampa –, ho pensato a quello che stava succedendo intorno a me e dentro di me, e mi piaceva l’idea di fare un disco che fosse una sorta di cartolina da spedire nello spazio, un luogo dove non sanno niente di me e dal posto da cui vengo».
Il buon Vasco è in costante maturazione espressiva, e sa giostrarsi con sapienza tra realtà e metafore dribblando certi consunti luoghi comuni del canzonettismo odierno. La sua è la voce di una generazione che sta imparando a nutrirsi anche delle incertezze. Di certo il Nostro sa che, se davanti a problemi complessi la risposta è semplice, è probabile che sia sbagliata. Allo stesso modo la musica che gira intorno e dentro questo Terra offre una gran varietà di spunti e di registri che se da un lato appaiono più pop e dunque più immediati di quelli del passato, dall’altro riflettono le mille suggestioni che compongono il panorama di questi anni Dieci: percussioni africane ed elettronica, echi balcanici e certe atmosfere avvolgenti tipiche della canzone d’autore “classica”.
Un titolo emblematico e polivalente, per un cd che è anche un diario di bordo autobiografico sulla genesi e i substrati “filosofici” di questo progetto: «Terra è il nome del nostro pianeta – dice ancora –, ma anche l’urlo dei naviganti quando la vedono all’orizzonte; è comunque quel posto dove si trova tutto il bene e il male del mondo».