L’altra vittoria di Isaac
Isaac Makwala arriva a Londra per i mondiali di atletica leggera carico di aspettative. Sogna almeno una medaglia individuale, forse anche due. E poi, con i compagni della staffetta, magari può tentare di centrare addirittura uno storico tris! Certo, nelle gare individuali in cui è iscritto (200 e 400 metri) il principale favorito della vigilia è un altro. Quel “fenomeno” sudafricano che corrisponde al nome di Wayde van Niekerk. Colui che lo scorso anno ha stupito e incantato tutti ai Giochi di Rio con un pazzesco record del mondo sui 400 metri. L’uomo candidato a diventare nei prossimi anni l’atleta simbolo di questo sport. Il principale successore, nell’immaginario collettivo degli appassionati di atletica, di Usain Bolt, ormai prossimo al ritiro. Ma lui, in cuor suo, pensa che sì, con la gara giusta, forse potrebbe anche batterlo van Niekerk, conquistando il metallo più pregiato in palio nei campionati del mondo: la medaglia d’oro!
D’altronde, in questa stagione sui 200 metri è stato il migliore di tutti, quello che ha corso la distanza nel minor tempo al mondo. È successo a metà luglio, a Madrid, quando ha fatto fermare il cronometro a diciannove secondi e settantasette centesimi, sette centesimi meglio di quanto realizzato da van Niekerk il mese prima a Kingston, in Giamaica. E anche nei 400 metri ha fatto benissimo, stabilendo il terzo miglior tempo del 2017. Un 43”84, corso sempre a luglio ma questa volta nel Principato di Monaco, prestazione seconda solo a quanto compiuto dallo stesso van Niekerk (43”62 ottenuto a Losanna) e dallo statunitense Fred Kerley (43”70 ad Austin).
Insomma, questo trentenne del Botswana di umili origini, che oltre alle gare ama dedicarsi alla sua fattoria e alle sue greggi, si prepara a vivere una settimana da assoluto protagonista nella rassegna iridata di Londra 2017.
Tutto, peraltro, sembra iniziare davvero per il verso giusto. Sabato mattina, infatti, Makwala corre in scioltezza la sua batteria dei 400 metri, vinta con il miglior tempo complessivo tra tutti gli atleti iscritti in questa specialità (44”55). Anche la semifinale disputata domenica sera si rivela una pura formalità (successo in 44”30), e così, con la finale del giro di pista in tasca, l’atleta botswano comincia a pensare ai 200 metri. Tra lo stupore generale, però, lunedì sera, alla partenza della sua batteria, la stessa in cui è iscritto il nostro giovane velocista Filippo Tortu, la sua corsia (la numero sette) è inspiegabilmente vuota. Qualcuno, sul momento, pensa che Isaac abbia rinunciato per puntare tutto sulla distanza doppia. Poi, dopo un po’, comincia a girare la voce che Makwala si è sentito male.
Eh già, diversi atleti che alloggiano in un albergo vicino a Tower Bridge (lo stesso che ospita gli azzurri) sono stati colpiti da norovirus, una forma di gastroenterite. Tra questi c’è anche Makwala, costretto a dare forfait nei 200 metri. Nessuno, però, pensa che possa saltare la finale dei 400 metri del giorno dopo. E non ci pensa nemmeno lui, tanto è vero che martedì si presenta allo stadio dove, però, non viene fatto entrare.
Bloccato, in malo modo, dagli addetti alla sicurezza che, su indicazioni del responsabile dei servizi medici della federazione internazionale di atletica (la IAAF), si limitano pedissequamente ad applicare il dispositivo sanitario britannico: nei casi della specie, infatti, è prevista una “quarantena” di 48 ore. Una situazione mal gestita (neanche Isaac fosse un appestato), ripresa da una telecamera, che si diffonde rapidamente via social.
Si scatena un vero e proprio putiferio. Lui protesta, sostiene di non aver ricevuto nessuna visita e, soprattutto, afferma di stare benissimo. Ma niente da fare, la decisione è irreversibile. Morale: la finale dei 400 metri si corre senza di lui. La sua corsia, ancora una volta la settima, è vuota. Alla fine vince proprio il grande favorito, il sudafricano van Niekerk, ma il clima è surreale. Sulla gara, sugli atleti che vi hanno partecipato, tra il pubblico presente, aleggia il “fantasma” di Makwala.
Le polemiche divampano: perché se il virus ha colpito una trentina di atleti ne sono stati fermati per precauzione solo due? Perché la delegazione del Botswana dice di non essere stata informata della decisione, mentre la IAAF afferma il contrario? Insomma, un gran pasticcio. Soprattutto, rimane forte il dubbio che a Makwala sia stata negata troppo frettolosamente la possibilità di gareggiare e inseguire il suo sogno. Ma la storia non finisce qui.
Mercoledì mattina Isaac si fa fotografare mentre è a colazione. Uova, bacon, funghi: non certo la colazione di una persona con problemi intestinali. Poi, nel pomeriggio, un nuovo colpo di scena. Su richiesta della federazione di atletica del Botswana, a Makwala, scadute le 48 ore di isolamento, viene concessa la possibilità di provare a qualificarsi per le semifinali dei 200 metri in programma in serata. Ritenuto nuovamente idoneo a competere, gli viene richiesto di realizzare un tempo migliore di 20”53. Correndo da solo. Un “escamotage”, un compromesso, che se da un lato crea un pericoloso precedente, dall’altro ha lo scopo di dare una seconda possibilità allo sfortunato atleta. Almeno ufficialmente, perché in realtà sono in molti a pensare che il vero motivo di questa decisione stia nel tentativo di evitare le conseguenze di una possibile azione legale che Makwala e la sua federazione potrebbero intentare nei confronti della IAAF per il danno subito. Azione legale che, nei prossimi giorni, è tutt’altro che da escludersi.
Così, sotto una pioggia battente, Makwala corre da solo un “recupero” dei 200 metri. È in corsia sette, la stessa in cui avrebbe dovuto gareggiare due giorni prima. Si prepara per il via, si fa il segno della croce guardando verso il cielo, e parte. Corre, corre veloce, e nonostante la pista bagnata chiude in 20”20, un tempo nettamente inferiore a quello che gli era stato richiesto per essere ammesso alle semifinali che si correranno di lì a un paio d’ore. Terminata la gara, Isaac si mette a terra e comincia a fare delle flessioni, come a voler dimostrare, ancora una volta, che lui sta benissimo e avrebbe potuto correre anche il giorno prima. Poi disputa la semifinale, in prima corsia, una delle più bagnate dalle pozzanghere perché più esposte alla pioggia (a Londra le corsie con i numeri alti sono parzialmente coperte dal tetto che ripara gli spettatori). Nonostante quest’altro svantaggio, termina secondo e supera il turno (20”14 il suo tempo). Poi, va a riposarsi in vista della finale del giorno dopo.
E qui siamo alla fine (momentanea) della storia. In Italia sono quasi le 23 di giovedì quando lo starter da il via alla finale dei 200 metri. Isaac parte bene, fino a metà gara è in piena lotta per la conquista di una medaglia. Poi, però, le fatiche per il doppio sforzo del giorno precedente, cominciano inevitabilmente a farsi sentire. L’atleta botswano viene inesorabilmente superato da diversi concorrenti e chiude sesto, con un tempo (20”44) lontanissimo dalle sue migliori prestazioni. Lontanissimo, anche, dai tempi fatti registrare solo il giorno prima sotto la pioggia. A sorpresa la vittoria va al turco di origine azera Ramil Guliyev, che in rimonta precede van Niekerk e lo sprinter di Trinidad Jereem Richards. Gli applausi del pubblico, però, sono tutti per lui, per questo ragazzo dai lineamenti duri del viso, ma che chi conosce da vicino definisce come una bravissima persona.
Probabilmente adesso lo rivedremo in gara sabato, impegnato nella staffetta 4×400, e magari Isaac riuscirà finalmente a vincere la medaglia tanto sognata. Nel frattempo, anche se in modo diverso da come sperava, è diventato in poche ore un personaggio, il beniamino del pubblico londinese e non solo. Il video dei suoi piegamenti in pista dopo la corsa solitaria del giorno prima, ha fatto il giro del mondo, donandogli una popolarità inaspettata. In patria, poi, al suo ritorno sarà salutato come un vero e proprio eroe nazionale (il Presidente della Repubblica ha già fatto sapere che gli sarà riconosciuto un premio in denaro e che verrà organizzato un giorno di festa nazionale in suo onore). Per Makwala una vittoria lo stesso, in qualche modo.