L’altra Calabria: a proposito di processioni

Quando la Madonna è di tutti. Una turista torna dalle vacanze e scrive a Città Nuova.

Sono appena tornata da un’immersione totale nel mar Jonio calabrese, cristallino, con stelle marine e pesci, tanti, colorati che, a volerne seguire i percorsi con maschera e pinne, perdi la cognizione del tempo e ti inabissi nel cosmo infinito. Gustando un gelato, poi, ho chiacchierato con una signora raccontandole di quanto i pesci si avvicinassero alle mie mani, senza paura. E lei, di rimando, quasi sorpresa della mia meraviglia: «Certo, qui in Calabria anche i pesci sono accoglienti!».

Avvolta da questa bellezza, ormai tornata a Roma, ho ascoltato il telegiornale. Tra le notizie di domenica 5 agosto l’interruzione della processione della “Madonna della Neve” a Zungri (Vibo Valenzia), perché un boss della ‘ndrangheta era tra i portatori della statua. Avevo appena ricevuto da una famiglia di amici che vivono a Campana (Cosenza) un brevissimo video, toccante, di Paolo, il figlio di quasi 4 anni, che, sentendo la processione passare sotto le sue finestre, esclama e insiste, in modo inaspettato: “Voglio portare la Madonna”. I genitori, per calmarlo, gli spiegano che la statua, viene portata dai membri della Confraternita e che non è possibile.

Scendono comunque in strada per partecipare, ma non c’è verso: Paolo insiste e si mette a piangere “con il cuore”, mi scrive la mamma. A questo punto il priore della confraternita, Marino Francesco, fa fermare la processione e dice: «La Madonna è di tutti. Chi lo desidera può portarla», e consente a Paolo di avvicinarsi e mettere la sua piccola mano sul legno che la trasporta. Un’altra bambina lo segue e chiede di mettersi accanto a lui. Alcune signore si avvicinano e il parroco Don Francesco Bomentre e il priore propongono anche al papà, Ispettore Capo della Polizia di Stato, di portare la statua. Successivamente, la statua della Madonna di Costantinopoli viene accompagnata anche da alcune donne del paese.

Proseguendo nel percorso, ad un certo punto il parroco fa “inchinare” la statua verso alcune persone diversamente abili e la avvicina perché possano baciarla. Non più tardi della mattina, durante la messa all’interno della Chiesa dedicata proprio alla Madonna di Costantinopoli e gestita dalla confraternita, il vescovo di Mileto, originario di Campana, monsignor Luigi Renzo, aveva ricordato il regolamento da lui varato nel 2015 sulle processioni per evitare “infiltrazioni” di famiglie mafiose tra i portatori delle statue. Nel pomeriggio stesso, mentre a Zungri un boss lo “sfidava”, a Campana un bimbo, inconsapevole di tutto, piange per ottenere questo “privilegio”.

Non è la prima volta che a Campana il parroco e il priore incentivano e promuovono la partecipazione dei più deboli nel portare le immagini sacre: ad esempio, in occasione della recente processione del venerdì santo, la croce fu portata da un ospite della casa di cura del paese.

Le processioni per me, nordica di origine, hanno davvero un valore relativo. Ma ascoltando la vicenda che hanno vissuto i miei amici mi sono ricreduta. La processione ha per loro un grande e prezioso valore. È l’occasione per manifestare la propria fede in modo aperto. Certo, per alcuni, è anche l’opportunità per nobilitarsi agli occhi della comunità, quasi un’occasione di riscatto. Per questo lì a Campana solo la Confraternita può farlo. E per esserne membri occorrono caratteristiche di assoluta integrità morale. In questo contesto, il gesto del parroco e del priore è stato molto dirompente ed efficace.

Una processione di cui non hanno parlato i media, ma che gli abitanti di Campana ricorderanno per sempre. E io con loro, orgogliosa di avere come amici persone calabresi di questa stoffa e di questo coraggio.

 

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