LAlice dellAterballetto
Nel ricco cartellone del ventiduesimo festival internazionale diretto da Marina Michetti (che si apre il 3 luglio e prosegue fino al 31), ritorna puntualmente ogni anno l’Aterballetto, l’unica occasione nell’anno di vedere sulla scena romana la prestigiosa compagnia emiliana. Il titolo in cartellone è una nuova versione di “Alice nel paese delle meraviglie”, firmata da Francesco Nappa.
È un’Alice che emerge e si muove tra immagini video digitali elaborate graficamente (del video-maker Gilles Papain) che suggeriscono i luoghi e gli ambienti delle sue escursioni fantastiche, caratterizzate da strani e misteriosi incontri. Alberi bianchi stilizzati e in movimento; bagliori verdi che, simili a lucciole, illuminano il buio; linee verticali che s’allungano sul palcoscenico moltiplicandosi in griglie labirintiche, e strisce gialle che si posano sulla camicia dei fratelli siamesi (i Gemelli della favola, qui legati dalla stessa giacca) a suggerire il colore della cravatta.
Altre sequenze arricchiscono visivamente la nuova coreografia di Francesco Nappa creata per l’Aterballetto, compagnia sempre pulsante e sempre su nuovi autori italiani, secondo la strada intrapresa dal nuovo corso della direzione artistica di Cristina Bozzolini. Da sempre oggetto di attrazione per teatranti – soprattutto – e coreografi (tra cui Christopher Wheeldon, Glen Tetley, Linsay Kemp) la creatura del celebre racconto di Lewis Carroll continua a sedurre per le molteplici possibilità di indagine che offre. Per il coreografo napoletano, danzatore dal prestigioso curriculum (dal Royal Danish Ballet al Nederland Dans Theater ai Ballets de Monte Carlo e al Lyon Opera Ballet) e, da tempo, avviato a una personale ricerca coreografica che lo ha portato a firmare creazioni per alcune compagnie europee, interessava il cammino dall’infanzia all’adolescenza di Alice, con il suo creatore assurto a guida, ambigua e sfuggente come lo fu il vero Carroll nei confronti della reale Alice Liddell.
Questi è affidato a un Uomo Bianco, al posto del Bianconiglio, che l’accompagna nel percorso onirico di maturazione e d’iniziazione. Anche le altre creature cambiano nome e connotazione su tonalità che privilegiano toni neutri, con qualche colore urlato, come il blu del Bruco. Nappa ne inventa altre, come la Regina degli Scoop, al posto di quella di Cuori, immersa tra fogli di giornali che fuoriescono da tubi sospesi.
Ma, pur rivendicando un’autonomia drammaturgica, Nappa avrebbe potuto osare di più puntando a una più forte chiave di lettura. Quando ci si confronta con un balletto narrativo, e ancor più con una storia arcinota, allontanarsene non è facile. La trappola della descrizione, della pantomima, dell’evocazione, è in agguato. Nappa, anche se cede a qualche figurazione di troppo, li evita quasi tutti. Suggerisce il mondo di Alice con movimenti astratti tesi a sprigionare da essi una dinamica pura che scaturisca dal personaggio. E, anche se sono riconoscibili alcune delle bizzarre creature, la loro definizione si destruttura in una gestualità che disegna stilemi contemporanei di matrice neoclassica, che ricordano Kylian.
Tutto in una scatola bianca, tutto in un impercettibile slittamento di corpi, esposti e poi risucchiati, che raccontano. Sono movimenti dal graffio veloce, dalle linee allungate, dai nodi intricati nei terzetti e quartetti, con l’eroina in groppa a un danzatore allungata e volteggiante e, prima ancora, nel duetto plastico con la sorella. Sulla musica di autori vari – David Byrne, Michael Nyman, John Lurie – eseguite da Balanescu Quartet, Nappa ha creato una serie di quadri dinamici astratti che raccontano, negli incontri del viaggio onirico, emozioni e stati d’animo.
In questo procedere a blocchi e su questo tessuto sonoro, la struttura coreografica rivela cedimenti. Nel senso che, se l’andamento musicale risulta, in ultimo, mono tono, senza concedere sobbalzi emotivi alla pur sobbalzante e tumultuosa peregrinazione della fanciulla, la scansione a quadri sfilaccia quella tensione che dovrebbe crescere in maniera esponenziale nella danza che racconta. Per cui, il pur riuscito finale, con il duetto amoroso tra l’indefinito Cappellaio Matto e Alice – l’intenso, come sempre, Valerio Longo e la bravissima Andrea Tortosa Vidal – sullo sfondo di un bosco luminoso, chiude senza picchi il viaggio metaforico di questa intraprendente giovinetta.
Al festival “Invito alla danza”, lunedì 9 luglio; il 7 al festival CivitanovaDanza, Teatro Rossini di Civitanova Marche; il 14 a Montecchio Maggiore, al Bassano Opera Festival