L’alfabeto e la crisi
Nessuno osa più negare la crisi. A risolverla non bastano solo leggi e investimenti. Chiara Lubich ci prospetta un soluzione originale: un vocolabolario che nasce dal Vangelo
Che siamo in crisi nessuno osa più negarlo. Non è una crisi solo economica, come taluni vorrebbero farci credere, ma anche culturale, spirituale ed etica. Una crisi dei fondamenti della nostra civiltà. Intendiamoci, i conti vanno male e bisogna pur far qualcosa per evitare che ci si limiti a tagliare i bilanci degli Stati, delle imprese e delle famiglie. C’è da agire sulla giustizia distributiva e sulla produttività.
Ma per rilanciare il Paese non possono bastare provvedimenti e misure spesso disarticolati tra loro. Una nazione è un organismo complesso, ma pur sempre un organismo. Per cui agire con la logica dei compartimenti stagni è non solo scarsamente efficace, ma spesso controproducente. Sembra che manchi alla nostra Italia un vocabolario comune per capire l’urgenza di un Patto sociale da varare in modo condiviso.
Sembra che siamo privi della sintassi del bene comune, la sola che aiuti a ridare la spinta decisiva agli imperativi di innovare processi e prodotti, di puntare su istruzione e ricerca, di scommettere sul potenziale delle nuove generazioni. E allo stesso tempo di contrastare con risoluta fermezza corruzione e collusione, evasione ed elusione fiscali. La domanda che sale tanto dalle famiglie, quanto dalle imprese e dai mondi del sapere è quella relativa alla speranza. Una speranza però radicata nel presente e nel quotidiano, che scuota dal pessimismo e allo stesso tempo faccia volare alto come una pedana di lancio per vedere i nostri affannati governi e le nostre spesso tribolate occupazioni da un’ottica più elevata e cogliere il filo d’oro che lega quanto ci succede e indica il significato dell’esistenza di ciascuno nel corpo sociale: siamo tutti vasi comunicanti.
Ecco allora il bisogno di un “nuovo alfabeto per uscire dalla crisi”. Ne proponiamo uno, mutuato da Chiara Lubich, che ci pone dinanzi alle nostre responsabilità personali e collettive, civili e religiose. Tante donne e tanti uomini lo hanno già fatto loro, quest’alfabeto, con quei risultati che la nostra rivista (ed ora anche il sito web) da sempre espone. È un alfabeto che non fa sconti, ma che promette felicità. Niente meno. Perché nasce dal Vangelo, che nei secoli ha permesso di uscire da innumerevoli crisi.
Vi propoiamo qualche lettera, per il resto rimandiamo alla nostra rivista.
A come astro
«Il nostro destino è come quello degli astri: se girano, sono, se non girano non sono. Noi siamo – nel senso che non la nostra vita ma la vita di Dio vive in noi – se non smettiamo un attimo di amare. L’amore ci stanzia in Dio e Dio è l’Amore».
B come binario
«La volontà di Dio! La volontà di Dio sempre nuova, sempre costruttiva: eterno binario che rimette in pace e riequilibra l’anima in un cammino perfetto».
C come calice
«Occorre offrire in ogni attimo presente della vita la propria volontà a Dio come un calice vuoto perché lo riempia della sua volontà, di sé Vita».
F come filo d’oro
«(Dio che è Amore) vuole, o permette, ogni cosa per il tuo bene. E se prima lo penserai solo con la fede, poi vedrai con gli occhi dell’anima un filo d’oro legare avvenimenti e cose e comporre un magnifico ricamo: il disegno, appunto, di Dio su di te».