L’alba per l’Iran

Finalmente è stato stretto l’accordo per il nucleare tra i cinque negoziatori e Teheran. La speranza che il rientro nel consesso internazionale del Paese sciita apra nuove prospettive alla pace
I rappresentanti dei Paesi che hanno concluso l'accordo sul nucleare iraniano

La notte scorsa a Vienna è stato siglato l'accordo sul nucleare iraniano tra il il gruppo 5+1 (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina, Russia e Germania) e Teheran. Tale intesa non è però, paradossalmente, piaciuta al premier Netanyahu, che ha parlato di «minaccia alla sopravvivenza d’Israele». Non è piaciuta nemmeno alle fazioni qaediste: ciò indica la complessità della situazione e la necessità di arrivare alla soluzione della questione iraniana.

Lo scopo dell’intesa è di giungere a un accordo definitivo sul programma nucleare iraniano. La scadenza del 31 marzo è stata prorogata di due giorni, finché l’accordo è stato raggiunto, anche se la firma definitiva verrà stipulata solo a fine giugno, perché debbono essere concordati una serie di accordi tecnici per garantire la natura pacifica del programma nucleare iraniano in cambio di una revoca delle sanzioni economiche internazionali adottate contro Teheran.

 

Barack Obama ha commentato: «Gli Usa restano fermi nel loro impegno alla sicurezza d'Israele», aggiungendo che l'accordo è un «importante progresso verso una duratura e ampia soluzione che chiude tutte le strade all'Iran verso l’atomica e assicura la natura pacifica del programma nucleare locale».

 

In sostanza l’accordo prevede che l’Iran possa continuare nello sviluppo pacifico dell’energia atomica, ma precludendo – con stretti controlli – che possa dotarsi di un ordigno nucleare. Il ministro iraniano Javad Zarif ha tuttavia affermato che, pur soddisfatti dell’accordo, bisognerebbe riuscire nei prossimi mesi ad aprire la strada ad una maggiore fiducia tra gli Usa e l'Iran.

 

Era tempo che si mettesse fine a una delle più dannose emarginazioni costruite dalla diplomazia internazionale contro un Paese che avrebbe potuto essere una componente fondamentale per l’equilibrio di tutta la macroregione mediorientale.

 

Dall’arrivo dell’ayatollah Khomeini il primo febbraio 1979, alle note vicende dell’assedio all’ambasciata Usa a Teheran iniziato il 4 novembre 1979, al fallimento dell’operazione militare Eagle Claw avviata da Carter il 24 aprile 1980, alle sanzioni economiche, politiche e militari contro l’Iran (iniziate dagli Usa nel 1980, e proseguite con quattro risoluzioni Onu dal 2006 al 2009), alle speranze aperte dalla presidenza Khatami, all’arrivo di un presidente come Ahmadinejad, alla ripresa delle trattative per il nucleare iraniano…

 

La storia delle relazioni tra Occidente e Iran sono state molto contrastate negli ultimi decenni, tanto più che le sanzioni hanno portato non solo all’isolamento del Paese persiano, ma anche alla povertà di milioni di iraniani.

 

Si spera ora che l’accordo di Vienna, voluto strenuamente dall’amministrazione Obama, nonostante le resistenze di Israele e del Congresso di Washington, possa portare a una visione più globale dell’intera questione mediorientale, in un momento in cui i focolari di guerra si moltiplicano e in cui si fa strada un pericoloso conflitto inframusulmano tra sciiti e sunniti.

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