Lago dei cigni, ovvero l’enigma Ciajkovskij

La storia del compositore russo, interpretato da Bruno Milo, in scena al Teatro comunale di Firenze fino all'8 febbraio
Il lago dei cigni
È difficile immaginare come sarebbe stata la danza del XX secolo senza Pëtr Il’ic Ciajkovskij. La popolarità dello Schiaccianoci, della Bella
Addormentata
e più di ogni altro del Lago dei cigni, ha aiutato ad assicurare al balletto un ruolo permanente nei teatri di tutto il mondo.
La sua collaborazione con il Balletto imperiale russo e in particolare con il coreografo Marius Petipa, portarono il balletto all’apice del successo e stabilirono una vocabolario classico che è la base della danza neoclassica e contemporanea che è venuta in seguito. La nuova produzione del Lago dei cigni. L’enigma Ciajkovskij  per la compagnia fiorentina MaggioDanza firmata dal coreografo Paul Chalmer, e andata in scena già lo scorso anno, si focalizza sulla vita di questo enigmatico compositore, la sua esistenza tormentata e le misteriose circostanze della sua morte che lo portarono al suicidio, all’età di appena 53 anni (1840 – 1893).

 

I personaggi di questa nuova rilettura sono l’amatissima sorella Aleksandra e la sua famiglia; la moglie Antonina; Nadezda von Meck, la
costante benefattrice e intima confidente mai incontrata, e il nipote Vladimir al quale, poco prima della sua morte, dedicò la Sinfonia n. 6
Patetica
, nel 1893. La nuova trama, dal plot avvincente, sulla ben nota musica, non racchiude più il dramma originale, tratto da un’antica fiaba
tedesca, Der geraubte Schleier (Il velo rubato), ma narra, nella rivisitazione drammaturgica di Chalmer, alcuni episodi ispirati alla
biografia del compositore russo.  L’excursus biografico si dipana in flash-back tra aneddoti storici e licenze poetiche, nei due atti del balletto, l’uno dominato dalla levità del bianco e l’altro dalla cupezza del nero, a sottolineare i due aspetti della personalità di un uomo pubblicamente idolatrato, combattuto tra la tensione romantica all’assoluto e le miserie quotidiane, ma intimamente tormentato. Nella rilettura di Chalmer riaffiorano accentuandosi gli umori profondamente malinconici e meditativi intessuti nella partitura musicale consentendo al coreografo di immaginare una partitura fedele alla tradizione classica ma con il respiro del nostro tempo dando alle dinamiche del movimento, alle tensioni dei corpi, all’uso delle braccia, fino agli sguardi dei personaggi, una eloquente espressività.

 

Così, un’intensa introspezione psicologica si incrocia alla narrazione storica, e le suggestioni create dalle scene, insieme ai costumi, le luci, danno vita a quadri dal grande impatto e definiscono con dettagli molto attenti colori e scorci della società russa di fine Ottocento. Il balletto si trasforma da favola in noir, con le passioni che si trasformano, in un concatenarsi continuo di metamorfosi, a ritmo di valzer, o di danza ungherese, russa, spagnola, di mazurca o czarda: dalle metamorfosi dei cigni, a quelle di una scena circolare, fino ad arrivare alle mutazioni dell’acqua del lago, che si trasforma in pioggia, ghiaccio e neve, a simboleggiare una delle tante metafore dell’esistenza umana. E il cigno diventa il simbolo di purezza e amore incondizionato.

Ad interpretare Ciajkovskij è Bruno Milo, che con questo spettacolo dà l’addio alle scene; nel ruolo della sorella Aleksandra Davydov è Sabrina Vitangeli, e in quello di Vladimir l’eccellente étoile ospite Alessandro Riga. 

Il lago dei cigni, ovvero l’enigma Cajkovskij. Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Andriy Yurkevych, scene Italo Grassi,
costumi Giulia Bonaldi, luci Valerio Tiberi. Al Teatro Comunale di Firenze, fino all’8 febbraio.

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