“L’Agenda Italia” del presidente Napolitano

Nel suo ultimo discorso, il Capo dello Stato ha toccato temi che si impongono al Paese: povertà, problemi del lavoro, corruzione, evasione fiscale, particolarismo egoistico di singoli e non, i mali del sud, i partiti che hanno deluso, il trattamento di immigrati e detenuti. La risposta è una rinnovata coesione e il riscatto civile e morale ad opera di tutti. Commenta
Giorgio Napolitano

Consapevole preoccupazione, persino velature melanconiche, ma tanta voglia di riscatto: questi gli elementi che sembrano emergere con più immediatezza dal messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica. Nel commiato di Giorgio Napolitano possiamo leggere una vera e propria “agenda Italia” che per realizzarsi ha bisogno dell'impegno, della buona volontà e delle risorse morali di tutti i cittadini. Una prospettiva ardua ma che tocca le corde più profonde di tanti, riuscendo a infondere nuova motivazione per affrontare con spirito di solidarietà e condivisione un quotidiano sempre più difficile.

In un ampio affresco il Presidente ha toccato tutti i temi che si impongono o si propongono al Paese all'affacciarsi del nuovo anno 2013. E se a primavera il settennato finirà e un altr'anno sentiremo un'altra voce, era però la prima volta che il messaggio di fine anno cadeva in periodo pre-elettorale, in piena campagna per le elezioni politiche. La singolare circostanza ha fatto subito mettere le mani avanti a Napolitano, che si è subito chiamato fuori da orientamenti di parte; e speriamo che neppure le parti strattonino il suo discorso di qua e di là. Perché (non era altrimenti possibile) i contenuti politici del messaggio sono tantissimi, pur se esso va collocato, come dicevamo, piuttosto in un orizzonte marcatamente morale e civile, pieno anche com'è di richiami ai valori che caratterizzano la nostra civiltà e cultura (basti pensare che l'aggettivo “civile” è di gran lunga la parola più usata).

Nelle parole del Presidente la preoccupazione per la situazione economica è diventata addirittura allarme per la “questione sociale” che ha generato, dimostrata dai numeri sulla crescente povertà delle famiglie, che colpisce due milioni di minori, e sulla disoccupazione. Da qui, il suo richiamo alla politica non tanto perché appresti una o un'altra misura, quanto perché dimostri di possedere l'elemento necessario a far fronte davvero a tali problemi: il sentimento e la capacità di condivisione umana e morale. In una serie di considerazioni che hanno toccato tutti i nervi scoperti del Paese, oltre alla povertà e ai problemi del lavoro che non c'è, la corruzione, l'evasione fiscale, il particolarismo egoistico di singoli e non, i mali del sud, i partiti che hanno deluso, il trattamento di immigrati e detenuti come cartine al tornasole… e via elencando.

Alla fine la soluzione va trovata in un riscatto – appunto – morale e civile, cui il Presidente chiama tutti i cittadini e i giovani in particolare. E' da esso che poi si recupera anche il giusto e doveroso senso della politica e si rigetta l'anti-politica. Per ritrovare, infine, anche il senso della coesione e dell'unità di tutto il Paese, altri temi fondamentali e ricorrenti di tutto il suo mandato e che si possono interpretare come la sintesi dell’ “agenda Italia”.

Tanti sacrifici fatti; molti altri ancora andranno affrontati (il Presidente si incarica di comunicare agli italiani qual è il peso dei soli interessi annuali sull'enorme debito pubblico che ci tocca onorare tutti gli anni: 85 miliardi di euro!); ma se non vi sarà spirito di coesione tutto rischia di essere vano o almeno molto più complicato. In questa chiave va letto il richiamo più direttamente indirizzato alle forze politiche che si avviano a confrontarsi nella campagna elettorale, un richiamo incorniciato in una citazione di Benedetto Croce. Il filosofo, apprezzando come si può fare solo quando si esce dalla tirannide la libera e democratica tenzone elettorale, diceva che tale libertà incontra pur sempre un limite, che è quello dell'interesse pubblico.

Il Presidente ha tenuto a riproporre questo confine, che vale per i partiti e gruppi che si presentano alle elezioni e che deve incidere anche sul modo di confrontarsi. Esso vale però anche per noi cittadini, invitati – direttamente o indirettamente – a compiere scelte che premiano la qualità delle liste (definita “la prova di appello” per i partiti incapaci di riforma elettorale) e i contenuti di reale e credibile interesse pubblico, agendo anche individualmente in tale ottica.

Infine, un dettaglio non insignificante che si può proporre anch'esso sotto la specie di un contributo alla costruzione di maggiore coesione. La citazione della scelta di impegno diretto in politica del non più professore, bensì senatore Monti, va vista come l'intenzione di dissipare dietrologie che tendevano a vedere in contrapposizione il Capo dello stato con il Capo del governo; il Presidente Napolitano ha tenuto ad esternare, con equidistanza non contrastabile, che da parte sua non vi sono perplessità circa la legittimità di tale scelta. Una annotazione importante che non deve essere usata strumentalmente rimpicciolendola nell'intenzione.

Alla fine, si fa spazio un sentimento di gratitudine verso questo Presidente, al quale è giusto riconoscere un impegno sempre rinnovato al servizio del Paese, ispirato a imparzialità e amore per la nostra Patria. Per essa, riteniamo, Giorgio Napolitano si è accollato scelte non prive di rischi ed esposte a letture contraddittorie, ma nei confronti delle quali la storia saprà dare il giudizio che meritano.

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