L’Africa fatica ad attirare investimenti diretti esteri

La tendenza preoccupante rispetto agli investimenti diretti esteri in Africa è quella di dedicare scarse risorse per la trasformazione in loco dei minerali critici (rame, litio, grafite, cobalto), che rappresentano la grande risorsa del continente africano: il 30% delle riserve mondiali. Sempre più Paesi africani stanno vietando l’esportazione di minerali critici non trasformati.
Un lavoratore tiene in mano del tantalio, un metallo di transizione raro, duro e blu-grigio, dopo il processo di produzione nella lavorazione del litio presso l'impianto minerario Bikita Minerals a Bikita, a oltre 340 km da Harare, Zimbabwe, 20 marzo 2018. Foto: EPA/AARON UFUMELI via Ansa

In un contesto economico caratterizzato da una carenza di finanziamenti e da un elevato livello di inflazione, i flussi di investimenti diretti esteri (Ide) verso l’Africa sono diminuiti del 3% per raggiungere i 53 miliardi di dollari nel 2023, secondo l’ultimo Rapporto sugli investimenti nel mondo, pubblicato il 20 giugno scorso.

Nel corso dell’anno, inoltre, il valore stimato delle transazioni internazionali di progetti finanziari nei Paesi africani è diminuito del 50% arrivando a 64 miliardi di dollari. E questo segue un calo del 20% che si era registrato nel 2022.

Per l’Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), i Paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare un crescente divario annuale degli investimenti necessari per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) programmati per il 2030.

All’interno degli investimenti in corso, spicca il fatto che il Nord Africa ha attirato il maggior flusso di Ide con 15 miliardi di dollari (2022) rispetto ai 10 miliardi di dollari del 2021, ovvero una crescita del 58%. Al contrario, l’Africa meridionale ha visto un drastico calo dell’84% degli afflussi di Ide, da 42 miliardi di dollari nel 2021 a 7 miliardi di dollari l’anno successivo. Allo stesso modo, l’Africa occidentale ha visto un calo del 35% (da 13 miliardi di dollari nel 2021 a 9 miliardi di dollari nel 2022), mentre l’Africa centrale ha visto un calo del 7% (da 7 a 6 miliardi di dollari). L’Africa orientale, dal canto suo, ha catturato 9 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri nel 2022, con un aumento del 3% rispetto agli 8 miliardi del 2021.

Con il 30% delle riserve mondiali di minerali critici, l’Africa resta in ritardo nella lavorazione di questi minerali. Per cambiare la situazione, la strategia di alcuni Paesi del continente prevede di vietare l’esportazione di litio, grafite o addirittura cobalto allo stato grezzo.

Secondo un rapporto Tralac (Tralac trade law centre) pubblicato nel giugno 2024, l’Africa ha attirato il 2,8% degli investimenti diretti esteri (Ide) destinati a livello mondiale alla lavorazione di minerali critici nel periodo 2019-2023. Si tratta di una somma di 1,83 miliardi di dollari. Questa quota è relativamente bassa rispetto al potenziale minerario del continente che detiene il 30% delle riserve mondiali di minerali critici, come rame, litio e cobalto. Nello stesso periodo (2019-2023), l’Africa ha attirato il 35,6% degli investimenti diretti esteri globali destinati all’estrazione di minerali critici.

Intitolato “I divieti di esportazione di minerali critici sono uno strumento efficace per raggiungere la diversificazione in Africa?”, il documento esamina come attrarre maggiori investimenti da destinare alla trasformazione in loco. Un numero crescente di Paesi africani sta ricorrendo a divieti di esportazione di minerali critici non trasformati.

Tra le altre sfide esistenti, il documento menziona l’insufficienza di energia, acqua e manodopera. Infine, i Paesi africani non hanno individualmente una posizione strategica per influenzare il mercato globale grazie alle loro misure di divieto.

Tuttavia, sebbene i flussi di investimenti esteri verso l’Africa siano leggermente diminuiti nel 2023, gli investimenti significativi nel settore dell’energia pulita sono fortemente positivi. Il continente ha attirato una quota crescente di megaprogetti greenfield a livello mondiale, sei dei quali valutati oltre 5 miliardi di dollari.

Le principali economie che investono nel continente, in termini di stock di Ide, sono i Paesi Bassi, la Francia, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Cina.

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