L’affare azzardo in Italia a fine 2017
Finora i dati del consumo di azzardo in Italia, ai vertici in Europa con 96 miliardi di euro nel 2016, erano noti solo all’agenzia dei monopoli di stato e alle aziende concessionarie che gestiscono la massiccia offerta sul territorio. Come si è evidenziato nell’incontro di SlotMob svoltosi a LoppianoLab 2017, c’è voluta la testardaggine di Marco Dotti, giornalista e saggista, esponente del movimento No Slot, a sollecitare l’accesso pubblico ai numeri che palesano le cifre delle spese pro capite nel settore azzardo facendo emergere casistiche emblematiche da approfondire.
Il gruppo editoriale Espresso ha reso disponibile un portale che permette di verificare il dato città per città con riferimento alle sole slot e alla videolottery (965 euro a Roma, 1.050 a Milano, 1.776 a Frosinone,2.659 a Prato, per fare qualche esempio). In generale anche i media principali dedicano maggiore attenzione e addirittura delle copertine alla notizia, ormai vecchia, di una diffusione capillare del consumo di azzardo. Il tono clamoroso degli articoli, di solito, finisce per concentrarsi sui casi pietosi di consumo patologico che devastano intere famiglie.
Lo spasmodico diritto al sogno
Come abbiamo ribadito più volte su Città Nuova, mettendo in evidenza la proposta avanzata dal movimento Slot Mob, il nodo da sciogliere resta quello della gestione di un mercato che movimenta masse di capitali sostanzialmente improduttivi: non attivano un processo economico come può essere l’acquisto di un bene di consumo. Redistribuiscono parte dei sodi in vincite per lo più irrisorie, programmate per incentivare lo stesso consumo. Ad esempio chi compra un biglietto da 10 euro del gratta vinci “nuovo mega miliardario” ha 1 possibilità su 7 milioni e 800 mila di trovare la vincita di 20 milioni di euro. Questo spasmodico “diritto al sogno”, per usare l’espressione dello psichiatra Paolo Crepet, finisce per alimentare le casse dello Stato per 10 miliardi di euro assicurando un fatturato di 9 miliardi di euro alle grandi concessionarie private (dati 2016 da comunicato agenzie dei monopoli).
Senza la volontà politica di ridurre la dipendenza delle casse erariali da questi introiti, resta necessario affidarsi a società specializzate che non possono essere intralciate seriamente nel loro espandersi.
Finora alcuni enti locali hanno provato ad usare lo strumento delle leggi regionali e regolamenti comunali per arginare il dilagare dell’offerta agevolata dalla normativa statale. Si tratta di un freno che non risolve il problema alla radice, ma pone qualche ostacolo come la chiusura in certi orari e il posizionamento a distanza di sicurezza (da 300 a 500 metri) da luoghi come scuole, ospedali, chiese, centri anziani, ecc. In alcuni centri urbani, ricchi di luoghi sensibili, queste disposizioni producono la sostanziale espulsione dell’azzardo. Leggi regionali ben congegnate, come quella ligure (la n.17 del 2012), sono un tale ostacolo che il cambio di orientamento in giunta produce la loro progressiva disapplicazione.
Eppure, seppur criticabile per altri motivi, l’ultimo accordo concluso nella conferenza stato regioni del 7 settembre 2017 ha mantenuto la libertà degli enti locali di regolamentare senza uniformarsi a regole molto più blande definite a livello nazionale. In questo senso è significativo quanto avviene nella regione Piemonte dove dal 20 novembre è entrata in vigore una legge che impone limiti restrittivi al posizionamento dell’offerta di azzardo con effetto retroattivo. La regola, cioè, vale non solo per le nuove sale slot, bingo, scommesse e così via ma per quelle già in funzione, con l’obbligo, quindi, di spegnere immediatamente i macchinari.
Sulla questione è intervenuto prontamente il sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta, per chiedere alla giunta regionale piemontese di mitigare l’applicazione della normativa. Invito finora rispedito al mittente, nonostante la possibile azione di risarcimento da parte delle imprese e la richiesta di danni erariali per mancato incasso da parte dello Stato.
Il senso della Costituzione
Un braccio di ferro complicato dall’avvicinarsi delle elezioni politiche. Nel frattempo apprendiamo dalle informatissime agenzie di settore che, nei locali dell’avvocatura dello Stato, Lamberto Dini, ex direttore generale della Banca d’Italia nonché ex presidente del consiglio, ha consegnato il premio “Le Ragioni della Nuova Politica” dedicato ai 70 anni della Costituzione, al rappresentante di HBG Gaming, noto gruppo che gestisce sale bingo, slot e videolottery «come imprenditore capace di dare una corretta risposta ad una domanda che viene dalla società, quella del gioco».
Prima delle leggi bisogna quindi partire dall’uso del vocabolario perché l’azzardo non è un gioco e la Costituzione repubblicana ha dei punti fermi espressi nell’articolo 41 dove si afferma che la libera iniziativa economica privata «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». L’appello lanciato da Slot Mob per una presa di posizione del presidente della repubblica Mattarella chiede proprio che si ristabiliscano i principi costituzionali per far partire un dibattito democratico sulla gestione dell’azzardo in Italia che finora non è mai stato affrontato apertamente.