L’adulterio non è più reato
«Qualunque disposizione che consideri la donna in uno stato di diseguaglianza non è costituzionale», ha affermato il giudice Dipak Misra. Misra, presidente della Corte suprema indiana, in questi giorni, è stato protagonista di una delle decisioni più significative del massimo organo giudiziario del Paese: la depenalizzazione dell’adulterio. I giudici hanno tuttavia precisato che l’adulterio costituisce un motivo legittimo di divorzio. «È arrivato il momento di dire che il marito non è il proprietario della coniuge. È un errore giustificare la superiorità legale di un sesso a spese dell’altro», ha aggiunto Misra. La decisione del massimo organo nell’ordine giudiziario indiano ha un valore storico e segna una linea di continuità con la recente sentenza che ha dichiarato incostituzionale un articolo con cui si penalizzavano le relazioni omosessuali.
In effetti entrambi gli articoli erano sopravvissuti alle evoluzioni della storia, risalendo all’epoca vittoriana, quando l’India non solo era sotto la colonizzazione inglese e gli indiani erano costretti ad adottare anche leggi decise da un governo straniero. Secondo la legislazione in vigore da 160 anni, chi avesse contratto un rapporto sessuale con una donna sposata senza il permesso del marito poteva essere condannato fino a 5 anni di carcere. La questione discriminante, tuttavia, stava nel fatto che solo gli uomini potevano presentare denuncia, mentre le donne non potevano né denunciare né essere giudicate responsabili di adulterio. L’adulterio era quindi un affare fra uomini e la donna appariva una mera merce, proprietà dei mariti.
I passi compiuti negli ultimi tempi – depenalizzazione dei reati di omosessualità e di adulterio – vanno in direzione del riconoscimento dei diritti umani e, nel nostro specifico, quello della depenalizzazione della colpa di adulterio assicura un nuovo scalino nella faticosa ascesa verso l’assoluta parità di diritti fra uomini e donne, nonostante restino discriminazioni sociali retaggio di elementi culturali millenari. La questione era stata all’ordine del giorno della Corte suprema già più di 60 anni fa, ma allora – eravamo nel 1954 – i giudici avevano optato per il mantenimento della penalizzazione dell’adulterio considerando che, all’epoca, si riteneva che fosse «comunemente accettato che il seduttore è l’uomo, non la donna».
In un interessante editoriale, apparso in questi giorni su un prestigioso quotidiano indiano, si commenta che con la depenalizzazione del “crimine” di adulterio l’India ha fatto un altro passo importante verso una società costruita su rapporti sociali fondati sui diritti delle persone, lasciandosi alle spalle un tipo di società basato su un ordine morale imposto dallo Stato. Quello che succede a livello giudiziario, grazie alle decisioni della Corte suprema, continua l’editorialista, dovrebbe trovare un’adeguata corrispondenza a livello parlamentare in una democrazia che, sebbene si vanti di essere la più grande del mondo, non ha ancora raggiunto la maturità di legiferare sempre a favore di tutti gli strati e le componenti sociali.