L’accordo inatteso al sinodo pan-ortodosso

A Creta raggiunta un’intesa condivisa e totale sui documenti e sul messaggio finale. «Qualcosa che sfiora il miracolo», commenta l’arcidiacono John Crysavghis del patriarcato di Costantinopoli. «Il dialogo non uscirà più dalla Chiesa ortodossa», sostiene il teologo Zizoulas
Chania
Snervante. Così appare ai giornalisti presenti l’ultima giornata del sinodo pan-ortodosso che si svolge all’Accademia ortodossa di Creta. Una breve cronaca può spiegare quel che è successo più di tante riflessioni. Dal taccuino del cronista:

 

09.45 L'altra sera la cerimonia di ammissione dei patriarchi all’Accademia ortodossa di Creta è risultata interminabile, al punto che persino i metropoliti hanno cominciato ad uscire alla chetichella dalla sala del concilio. Semplicemente per prendere una boccata d’aria. Solo alle 22.30 ci si è seduti a tavola, un ricevimento per quasi 500 persone, con tanto di coro, orchestra e corpo di ballo, a suonare e danzare musiche locali che tante reminiscenze hanno dei ritmi mediterranei, nonostante i cretesi non vogliano sentir parlare di commistioni o contaminazioni con arabi e ottomani. E poi il cibo, delizioso, e il vino, euforizzante. Il clima è decisamente migliorato rispetto alla fine del pomeriggio in cui ogni accordo sembrava essere diventato una chimera.

 

13.30 I “padri sinodali” non escono più dalla sessione di lavoro mattutina, quella decisiva. Un rinvio dopo l’altro, stanno discutendo di virgole e commi, non ci si riesce a liberare dagli orpelli, che tuttavia da queste parti sono indispensabili.

 

13.38 Anche nella Chiesa ortodossa, come accade nella Chiesa cattolica, sembra che ci si stia poco alla volta riavvicinando al Vangelo. La carità è ovunque.

 

13.55 Non si mangerà prima delle 15. Ogni tanto esce un metropolita coi capelli e la barba impiastricciati di sudore. Mi chiedo come resistano, soprattutto i più anziani.

 

14.05 All’esterno della sala del sinodo ci sono i tavoli dei giornalisti e quelli dei segretari, quello degli autisti e quello dei camerieri. Tutti i congressi istituzionali sono uguali, a Tokyo come a New York o qui a Creta…

 

14.10 Il metropolita della Nigeria esce dalla sala e all’orecchio di un amico giornalista dice che «tutti i documenti sono passati. Si stanno finalizzando i testi». La voce si sparge in pochi istanti, come un fremito.

 

14.14 Dicono che sia passato un riferimento agli uniati, «forse per far piacere a Mosca», dice un collega greco.

 

14.18 Guardando le cose con onestà, mi sembra di poter dire che questo evento ha radunato veramente pochi giornalisti. È vero, i vaticanisti sono col papa in Armenia, ma mi stupisco comunque della scarsa eco del sinodo. «Sabotaggio di Mosca», come dice un collega tedesco, o semplicemente perché in queste assise è difficile trovare notizie degne di nota?

 

14.30 Nel piazzale dinanzi all’Accademia, una ventina di auto blu, anzi nere, aspettano i patriarchi e i loro seguiti con i motori accesi. I segni del potere qui sono presentissimi. Passeranno anche qui, come stanno passando a Roma.

 

14.37 Donne? Poco presenti e soprattutto nelle retrovie. Ma ci sono, e hanno forse più potere di quanto non si pensi. Ma la via alla valorizzazione della donna nella Chiesa ortodossa è ancora lunghissima.

 

15.04 Escono! I volti sono più distesi, quasi che il bollettino meteorologico del sinodo fosse scritto negli occhi dei patriarchi.

 

15.10 L’Arcidiacono John Crysavghis, australo-americano-greco, prete sposato che cura la comunicazione per il Patriarcato ecumenico qui a Creta, mi dice: «È accaduto qualcosa che sfiora il miracolo. Forse lo Spirito Santo ha parlato. Il merito del successo è certamente da attribuire in gran parte alla capacità del patriarca Bartolomeo di aver ascoltato tutti, di non aver tolto la parola a nessuno, di essere riuscito ad accogliere ogni istanza». Verranno inviati i risultati di questo sinodo ai russi, ai bulgari, ai georgiani e al Patriarcato di Antiochia, i quattro assenti? «Senza dubbio. Anche loro hanno contribuito pienamente alla loro redazione».

 

15.30 A pranzo con lo storico Alberto Melloni, il teologo Zizoulas, metropolita di Pergamo, e il collega Nikos Tzoitis. Si parla del dietro le quinte, delle tensioni, della volontà di arrivare comunque a un accordo, delle passioni, delle aperture. «Siamo alla ricerca di nuove formule che dicano i nuovi tempi – spiega Zizoulas –, in particolare per quanto riguarda il dialogo con le altre Chiese cristiane. C’è stata discussione intorno all’aggettivo “eterodosse”, che in greco non crea problemi, ma lo crea nelle traduzioni anglosassoni e latine. Va detto che siamo alla ricerca di un dialogo non solo dell’amore, ma anche della verità. Per questo bisogna affrontare problemi come quello della “vera fede”». Così il messaggio finale conterrà il riconoscimento delle altre Chiese cristiane, seppur definite ancora “eterodosse”. Va bene, certamente, un passo in avanti. E comunque nel momento in cui non si ribattezzano i fedeli di un’altra Chiesa di fatto c’è riconoscimento, conveniamo. Conclude Zizoulas: «Il dialogo ormai è un elemento irrinunciabile nelle Chiese ortodosse».

 

16.20 Anche alla sala stampa il protocollo viene finalmente rotto e l’arcidiacono John si siede ad un tavolo assieme ai giornalisti presenti e risponde apertis verbis a tutte le domande, nessuna esclusa, senza infingimenti… Parla di dialogo e di apertura, di comunione e di sinodalità. Parla della Chiesa russa che ha partecipato in modo pieno alla redazione dei documenti firmati, «più di tutte le altre Chiese». E di quella albanese che ha avuto «una posizione assolutamente luminosa»… Un segno del successo di questo sinodo.

 

18.30 Cerimonia di firma dei documenti approvati. Sostanzialmente quanto già indicato nella fase preparatoria, quando a firmare furono tutti e 14 i patriarchi. Documenti che Bartolomeo ha voluto pubblicare in un’edizione anastatica, per mostrare tutte le firme apposte su ogni pagina. C’è qualcosa di antico, di antichissimo in questi riti di firma di parole concordate. C’è tutta la storia di una parte cospicua della cristianità d’Oriente. Anche se le generazioni digitali paiono lontane mille miglia da queste cerimonie.

 

19.15 Il discorso conclusivo del Patriarca ecumenico Bartolomeo I è avvolgente, semplice, riconoscente. Cita più e più volte le parole “ecumenismo” e “Chiese”, a significare anche ai più recalcitranti che la via della Chiesa è l’unità.

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