L’accoglienza dei migranti

Un piccolo gesto può cambiare la vita di chi abbiamo affianco, e anche la nostra.
Foto Pexels

Stamattina mi sono recato a messa a Murazzano, un paese a 5 km da casa mia, sulle colline delle Langhe. Arrivato in chiesa, mi siedo in un banco in cui è presente un ragazzo di colore. A Murazzano è attivo un Cas, centro di accoglienza straordinaria per migranti.

Al segno della pace chiedo al ragazzo come si chiami e da dove arrivi: Aloys, del Camerun. Si esprime in francese. Ha un aspetto serio e dolce allo stesso tempo. A fine messa potrei augurargli semplicemente buona domenica, ma qualcosa mi dice di parlargli.

È giunto in Italia da un mese, è andato via dalla guerra in cui sono morti suo padre e sua madre. Prima di partire ha portato le due sorelle e il fratello da una zia e poi è partito a piedi… Ha passato un anno in Tunisia, poi è arrivato in barca…, nello scendere gli è caduto in acqua il cellulare e così ne è sprovvisto.

Aspetta di ricevere via via dal Cas la somma che gli permetta di acquistarne uno nuovo, di costo modesto, che ha già visto. Prendo il portafoglio e gli do quanto ho. Ma non basta. Mi viene in mente la mia amica Piera (giovanissima 94enne, che è divenuta “mamma” per tanti dei giovani usciti da quel Cas). La chiamo e la raggiungiamo.

Lei gli fa festa. Poi gli dà quanto gli manca, e di più. Domani Aloys andrà a Mondovì ad acquistare il cellulare. È un ragazzo in gamba, in Camerun faceva il falegname e intanto studiava Economia all’università. Mentre parliamo con mamma Piera, arrivano a trovarla due altri ragazzi, fra i tanti appunto “adottati” da lei da quando erano nel Cas, alcuni anni fa. Arrivano in auto, perché nel frattempo, dopo diversi anni di permanenza nella struttura, con il loro impegno e il nostro aiuto, hanno trovato un lavoro, una casa, preso la patente, ricevuto auto… qualcuno ora sta mettendo su famiglia.

Con Aloys salutiamo i due. Sono del Mali, musulmani, e siamo tutti ugualmente fratelli… Piera regala ad Aloys alcune cartine che lo aiutino a un primo approccio al territorio in cui si trova, e gli dà appuntamento per i giorni seguenti per aiutarlo ad apprendere la lingua italiana. Salutiamo e ripartiamo.

Siamo entrambi commossi. «È il Signore che mi ha dato questo – mi dice Aloys –, ho trovato un padre e una madre». Poi piange di gioia e commozione. Tengo stretta la sua mano, in silenzio. Nel silenzio è forte la percezione di un legame di fraternità, nato in fretta ma profondamente condiviso. Ringraziamo Dio insieme e ripartiamo.

Nel pomeriggio, a casa, ho necessità di guardare il mio conto bancario. Inaspettatamente, vedo che mi è arrivata da un amico una somma, superiore a quanto avevo donato io. La causale dice: “Aiuto accoglienza migranti”. (S. O.)

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