L’accaparramento della terra

Nel Rapporto 2021 “I Padroni della Terra”  della Focsiv viene illustrato il perdurante fenomeno dell’accaparramento della terra a danno delle comunità di contadini e dei popoli indigeni
Accaparramento terra (AP Photo/Leo Correa)

Tra il 2020 e il 2021, nonostante la crisi pandemica del Covid-19, l’accaparramento delle terre a danno dei popoli originari e delle comunità più vulnerabili è proseguito con la medesima intensità, se non maggiore. È questo il dato generale più eloquente presentato nel Rapporto sull’accaparramento della terra 2021 “I Padroni della Terra”, curato dalla Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV), che qui viene presentato per grandi linee.

Rispetto al 2018, quando l’agrobusiness concentrava nelle sue mani 88 milioni di ettari di terre strappate alle popolazioni locali, nel 2020 il fenomeno ha raggiunto oltre 93 milioni di ettari, paragonabili alla superficie di Germania e Francia messe insieme.

La maggior parte della terra acquistata o in affitto è in America Latina, poi in Africa e quindi in Europa orientale. I contratti coinvolgono soprattutto una decina di Stati: dal Perù per circa 16,2 milioni di ettari (soprattutto per l’estrazione di minerali), alla Russia per 15 milioni di ettari (dei quali la metà di investitori cinesi), dall’Indonesia al Brasile, fino ai diversi paesi impoveriti africani, ricchissimi di risorse naturali, foreste, terre fertili e minerali, come la Repubblica Democratica del Congo, il Mozambico, il Sud Sudan e la Liberia.

I principali usi della terra riguardano l’estrazione mineraria per oltre 25 milioni ettari, lo sfruttamento delle foreste per 18 milioni di ettari, le piantagioni per 8,5 milioni di ettari e le colture alimentari per 5,6 milioni di ettari. La deforestazione prosegue dunque a ritmi veloci; basti pensare che, nel 2020, gli incendi in Brasile hanno distrutto oltre 8.500 km2 di foreste. Anche le industrie causano fenomeni di enormi appropriazioni di terre a discapito delle comunità più rispettose dell’ambiente, ma sono anche i settori maggiormente responsabili dei cambiamenti climatici, come i combustibili fossili, l’industria tessile e quella alimentare.

Il Rapporto della Focsiv tratteggia una realtà nella quale l’accaparramento delle terre e le crescenti disuguaglianze riguardino, nello specifico, le comunità più vulnerabili e più fragili economicamente e affliggano maggiormente donne, ragazze e bambine, schiacciate da società patriarcali e da tradizioni secolari di discriminazioni.

Ma il Rapporto sull’accaparramento della terra racconta anche di molte lotte di contadini e popoli indigeni contro élite locali e investitori stranieri che occupano le loro terre e riporta ben 331 omicidi dei difensori dei diritti fondamentali nel 2020.

Se da un lato i cambiamenti climatici influenzano e comportano l’espansione del fenomeno dell’accaparramento dei terreni, dall’altro, questo incide direttamente o indirettamente sul fenomeno dei cambiamenti climatici. Infatti, l’accaparramento della terra e i cambiamenti climatici, seppur non appaiano come strettamente correlati, essendo il primo un fenomeno geopolitico e socioeconomico e il secondo un grave problema ambientale, presentano una radice comune: l’inarrestabile attività delle compagnie multinazionali e dei grandi gruppi finanziari.

Ivana Borsotto, presidente della FOCSIV ricorda che «nelle pagine del Rapporto sono messe in evidenza le storie di resistenza dei popoli indigeni nella difesa della propria terra e dei propri diritti, primo tra tutti il diritto alla vita e a un ambiente sano. Sono storie di lotta per la difesa e la tutela della Terra, che è bene universale e bene comune, come lo sono le sue risorse. Lotta per la difesa dei diritti umani, che quando violati e calpestati ne minano l’effettività e il riconoscimento ovunque e per tutti. Una resistenza portata avanti con coraggio soprattutto dalle donne, che emergono come protagoniste, attiviste per i diritti e contro le iniquità e le ingiustizie, per il diritto al possesso della terra e la difesa delle sue risorse naturali».

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