LABORATORIO
GIOTTO: QUALE RILETTURA DI FRANCESCO?
L’articolo si propone di applicare il metodo di lettura della poesia esercitato da Walter Benjamin e José Guilherme Merquior (che consiste nel considerare importante non solo il contenuto estetico di un’opera, ma anche il suo possibile messaggio; anzi, di più, nell’estrarre dall’estetico un messaggio) all’interpretazione della vita di San Francesco d’Assisi raffigurata da Giotto – o da chi per lui – nel ciclo di affreschi della Basilica Superiore di Assisi. E ciò al fine di guadagnare al presente teologico elementi chiave nella lettura della permanenza e attualizzazione del carisma francescano, valendosi in questo processo degli strumenti che la via simbolica utilizza nell’incrocio di significati depositati nella cultura lungo i secoli. Ci si giova pertanto della ricostruzione storica della vita di Francesco che le Fonti Francescane e gli studiosi attorno ad essa hanno prodotto negli ultimi anni, nell’intento di ritrovare un senso di continuità dell’opera di Francesco a livello immaginativo che va a influire direttamente sull’incarnazione del suo carisma.
La permanenza di una singolare forma di cristianesimo lungo i secoli, vissuta e aggiornata da una comunità nel soffi o dello Spirito dentro il seno della Chiesa, e per essa riconosciuta e retro-alimentata, è una buona defi nizione di carisma. Manca in tale defi nizione, però, il lavoro di chi, come Dante e Giotto, amalgamarono in opere durature – monumentum aere perennius – il dono che il dilagarsi della prima spinta carismatica aveva messo in moto. È un paradosso, ma la vita, che per forza deve essere dinamica, tende a diventare rigida se non si lascia re-ispirare da ciò che è stabile, come lo sono le grandi opere della cultura quando non sono solo lette, ma anche attuate. L’arte non imita la vita, la feconda. Tanto più nel caso di Francesco, Dante e Giotto: quando non fi oriscono solamente delle belle opere, ma vere e nuove forme di fare arte.
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