Laboratori di fraternità nelle periferie

Attraverso il gioco e workshop artistici e ambientali ci si sperimenta in percorsi di conoscenza e amicizia, valore aggiunto di un campus con bambini di un quartiere a rischio
Siracusa Summer camp

“Mio zio può uscire solo sul balcone” ti annuncia un piccolo di sette anni mentre colora di azzurro quello che sarà tra qualche ora il pannello di una scenografia. Dietro questa frase c’è una condanna agli arresti domiciliari spiegata con innocenza. Sono parecchi i bambini che ogni giorno varcando i cancelli della scuola Nino Martoglio del quartiere Acradina di Siracusa, lasciano dietro quel cancello esistenze fatte di separazioni, lavori non sempre legali, condanne al 41bis, soprusi piccoli e grandi che costellano la loro quotidianità.

Invece Vincenzo (nome di fantasia) è orgoglioso di essere parte attiva del Siracusa summer camp dei giovani dei Focolari. È bravissimo nelle radiocronache delle partite e ora si diverte a raccontare con lo stesso linguaggio i molteplici laboratori che coinvolgono i circa 100 ragazzi che dal 26 luglio ogni mattina, per cinque ore, creano musica, riciclano in modo creativo le plastiche, danzano con le ultime hit dell’estate e imparano a strimpellare un po’ di note. L’obiettivo è uno spettacolo da offrire ai genitori a conclusione del campus, ma c’è invece una ragione più profonda: fare l’esperienza di un’amicizia disinteressata, capace di rapporti privi di epiteti offensivi, in grado di chiedere scusa e di offrire una merenda custodita gelosamente il primo giorno e ora invece condivisa senza disagio, ma con gioia.

Non è semplice interagire rispettando regole e diversità, non reagire di fronte ad offese gridate sgarbatamente in dialetto eppure, ogni mattina alle 8.30 nessuno di questi bambini vuole mancare all’appuntamento perché “questo è il campo più bello di tutti, perché ci sono amici”. Due piccoli di otto anni sono alla ricerca del “capo”, perché nella loro cultura questo riferimento è una guida. Appena individuato uno degli animatori, ne diventano l’ombra e si improvvisano anche imbianchini pur di stargli accanto mentre ristruttura una delle classi, insieme agli altri partecipanti.

Entrando nelle aule dei diversi laboratori, Vincenzo di 12 anni mi spiega il suo sogno: “In questi giorni ho fatto il giornalista e ho chiesto alla gente del quartiere cosa desidera. Ho scoperto che non conoscono tutte le attività per la legalità che facciamo a scuola. Chiederò alla preside di fare un giornalino che li informi di quante cose importanti stiamo imparando per far bello questo posto”.

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