L’abitante temporaneo
Abitare una casa significa entrare a far parte del territorio, della gente, della città, di un paese… alzare lo sguardo dalla guida turistica ed abbandonarsi ai colori, alle forme, agli odori della terra che si visita. Ed ecco una nuova proposta che ha il gusto della novità. Mentre centinaia di turisti si riversano nei luoghi di maggiore richiamo, salgono e scendono dagli autobus, entrano ed escono dai musei o assaltano le spiagge, noi vi proponiamo di farvi conoscere la vita di tutti i giorni. Se questo tipo di invito vi attira, siete i benvenuti nell’Albergo diffuso. Sì, avete capito bene, Albergo diffuso. Si tratta di un genere molto particolare di ospitalità: non è un normale albergo, né un bed&breakfast, neanche una casa in affitto. Cerchiamo di capire allora di cosa stiamo parlando. L’idea nasce negli anni Ottanta, quando, dopo il terribile terremoto che devasta numerose zone del Friuli, si programma la ricostruzione dei centri rasi al suolo. A qualcuno viene l’idea di utilizzare borghi oramai disabitati come villaggi turistici e si comincia ad utilizzare il termine appunto di Alberghi diffusi. Tale definizione ed un piano di fattibilità si trovano per la prima volta nel progetto Turismo dell’amministrazione comunale di San Leo, nelle Marche. Qui, attorno alla piazza centrale si trovano numerosi edifici in maggior parte disabitati che ben si prestano alla realizzazione dell’Albergo diffuso con le sue caratteristiche tipiche (vedi box). Il progetto però non trova un numero sufficiente di proprietari interessati alla sua realizzazione e occorre aspettare il 1995 e trasferirsi in Sardegna, dove il Piano di sviluppo del Margine Planaria fa propria l’idea e la concretizza a Bosa. Lo stesso anno il Progetto Albergo diffuso viene ripreso dall’Assessorato al turismo della provincia di Modena. Il 1996 è la volta del comune di Rovereto, il 1998 del comune di Urbino, il 1999 del comune di Piazza Armerina nell’ennese. E successivamente l’Umbria, la Toscana, l’Abruzzo, il Trentino, la Puglia… Dall’ottobre 2006 il termine Albergo diffuso trova posto ufficialmente sul dizionario Zingarelli, mentre si moltiplicano i convegni su questo nuovo modello di ospitalità ed anche gli studenti cominciano a farne oggetto delle loro tesi di laurea. E mentre i titolari di questi alberghi, anche in un’ottica di tutela che eviti false imitazioni, si riuniscono in un’ associazione a marchio denominato Adi, con sede a Campobasso, le Regioni via via presentano normative apposite per evitare la diffusione di forme generiche di ospitalità sotto questo nome. E si costituisce pure un Centro studi allo scopo di evitare un utilizzo scorretto da parte di enti locali, siti web, affittacamere, proprietari di case, del termine Albergo diffuso. Fa parte del lavoro di questo Centro studi offrire a chi fosse interessato alla proposta una gran quantità di progetti realizzati in giro per l’Italia, gli atti di convegni e seminari, articoli, documentazione sulle leggi regionali. Ma che tipo è il turista che sceglie l’Albergo diffuso? Anzitutto una precisazione. Se qualcuno si orienta a questo genere di vacanza, non chiamatelo turista, per favore. È molto meglio chiamarlo abitante temporaneo. Già, perché questo signore e signora, con o senza figli, single, giovane o anziano che sia, se ha fatto questa scelta, avrà certamente tra i suoi motivi quello di voler vivere (anche se temporaneamente) il territorio che lo ospita. Il contatto diretto con la comunità locale, le sue tradizioni, gli usi, i costumi, sono infatti tra i punti di forza dell’Albergo diffuso. Un’altra sua particolarità è quella di offrire la possibilità di un’esperienza di soggiorno in case e palazzi pensati per essere vere abitazioni, con aspetti strutturali e arredi diversi da quelli progettati per turisti. Spesso gli Alberghi diffusi assumono un tema che caratterizza la loro proposta. Come quello di Sas Benas di Santulussurgiu, in Sardegna, che ha per tema la musica. Qui molte delle camere si trovano nella vecchia casa della musica del paese, ed in esse si trovano diversi strumenti musicali anche di pregio. Si può poi partecipare a laboratori ed eventi musicali. Dicono gli esperti che, in genere, a scegliere l’Albergo diffuso sia- no persone che hanno il gusto di viaggiare. Magari hanno trascorso vacanze in diversi tipi di alberghi, in località vicine e lontane, ed ora sono alla ricerca di formule innovative. Ed eccoli a fare gli… abitanti temporanei. E che tipi sono quelli che hanno deciso di metter su un Albergo diffuso? Tipi come Daniel Elow, un giovane imprenditore di origine svedese. Trovatosi in Abruzzo qualche anno fa, durante una gita in motocicletta scopre Santo Stefano di Sessanio, un borgo medievale fortificato ad oltre 1250 metri di altitudine. Intuisce subito che quello era il luogo dove avrebbe realizzato il suo sogno: far rivivere all’antico borgo lo splendore del Medioevo conservandone intatta la struttura urbanistica. Costituisce quindi una società, la Sextatio, dall’antico nome del piccolo centro, e realizza un progetto multidisciplinare con supporto della facoltà di Architettura di Pescara, il Museo delle genti d’Abruzzo, l’Ente Parco Gran Sasso e Monti della Laga. A garantire poi il rispetto architettonico-paesaggistico viene siglata una Carta dei valori che stabilisce precisi criteri, così come vengono utilizzate tecniche innovative dal punto di vista del risparmio energetico. Ercole e Roberta Lega, invece hanno realizzato l’Albergo diffuso a Palazzolo sul Senio, in Toscana. Anche qui un borgo medievale ristrutturato e riportato alla luce grazie ad un attento lavoro di recupero architettonico. Per il suo stile di vita ha avuto un riconoscimento alquanto prestigioso: Villaggio ideale dove è bello vivere, conferito dall’Unione europea e dalla rivista Airone, tra le più prestigiose testate che si occupano di turismo naturalistico. I Lega, nella locanda Senio gestita da loro, hanno rivolto l’attenzione ai dettagli che fanno casa, che creano intimità e calore, con mobili d’epoca ma senza tralasciare i comfort moderni. E poi la signora Roberta ha un repertorio di ricette unico, dal Medioevo ad oggi. Tonia Laconi, invece, a Orroli, in Sardegna, è un’arzilla signora ultrasettantenne la cui particolarità nella gestione dell’Albergo diffuso è l’attenzione alle tradizioni. In questo paese che è tra quelli d’Italia con più centenari, grazie a Tonia i visitatori interessati, come anche le scolaresche, possono imparare come si fanno il pane e la pasta nella maniera antica, oppure ammirare pezzi di grande pregio di ricamo sardo. Ma non manca il nuovo, come i percorsi naturalistici attrezzati per il trekking e la mountain bike. E anche con l’apporto dei figli, l’Albergo diffuso di Orroli svolge un ruolo di presidio turistico e culturale, orientando i viaggiatori verso mete magari poco note, ma non per questo meno affascinanti. Questa dell’albergo diffuso è un’idea che sta prendendo piede sempre più. Per il momento ad esserne interessati sono piccoli gruppi di privati. Ma si stanno mettendo in moto anche gruppi internazionali come il Four Season, che con alcuni imprenditori locali sta avviando il recupero di Antognollo, vicino Perugia. Speriamo che non abbia il sopravvento l’aspetto esclusivamente commerciale. Per il momento il tipo di offerta è alquanto accessibile, molto adatta alle famiglie. REQUISITI PER L’ALBERGO DIFFUSO – Esistenza di un contesto di interesse culturale, di edifici e strutture di rilevanza storica e artistica, strutture di pregio o tipiche; – disponibilità di alcuni edifici non abitati all’interno del paese, adatti ad una ristrutturazione a fini turistici tale da prevedere camere, servizi comuni, un eventuale ristorante, la reception, uffici, magazzini, cucine; – presenza dei servizi di base, oltre che commerciali, culturali e turistici, per residenti e turisti; – possibilità di localizzare le strutture per l’accoglienza in posizione centrale rispetto alle camere, e comunque vicine e facilmente accessibili; – numero di abitanti che definisca una dimensione demografica tale da garantire la possibilità di rapporti interpersonali; – segnaletica che permetta ai turisti di muoversi agevolmente nel centro storico e nei dintorni, che permetta anche di conoscere ed apprezzare la storia e gli aspetti artistici e culturali dell’area; – presenza di una Comunità ospitante, con un spirito di appartenenza e cultura di accoglienza; – esistenza di iniziative ed eventi organizzati da Enti ed Associazioni volontarie interessate alla salvaguardia ed alla valorizzazione della località; – presenza di tradizioni (culturali, gastronomiche…) da valorizzare; – interesse da parte di un operatore alberghiero a sperimentare forme di gestione coerenti con il progetto.