L’abbraccio di Brescia
Benedetto XVI il prossimo 8 novembre visiterà i luoghi della memoria di Paolo VI. In una città che cambia.
Una Brescia che non ti aspetti ti accoglie con il cielo terso di ottobre, di un azzurro intenso e il tepore di una calda giornata d’autunno. Già dalla stazione la città mostra la sua composizione ormai stabilmente multietnica. A Brescia c’è uno straniero ogni sei abitanti; 30 mila nuovi cittadini su una popolazione di 189 mila residenti, «utili invasori», come il sociologo Maurizio Ambrosini ha intitolato un suo libro. Senza di loro, infatti, non si sa come le fabbriche bresciane dell’acciaio e del tondino avrebbero potuto continuare negli ultimi decenni a mantenere alti i livelli produttivi. Gli italiani “emigrano” in provincia, dove il costo della vita è inferiore, e il continuo calo demografico della città prevede tra pochi anni 150 mila abitanti di cui 60 mila immigrati.
Discontinuità in politica
Una bella sfida per la nuova amministrazione comunale uscita dalle amministrative dell’aprile del 2008 con l’elezione a sindaco di Adriano Paroli, candidato Pdl che, alleandosi con la Lega, ha «espugnato – scrisse il Corriere della Sera – il fortino ulivista di Palazzo della Loggia», la sede dell’amministrazione comunale, uno dei più begli esempi di architettura rinascimentale.
Di fronte al palazzo municipale, all’altro capo della piazza, c’è la stele che ricorda le otto vittime dell’attentato terroristico compiuto da gruppi neofascisti il 28 maggio del 1974. Brescia si racconta anche attraverso la sua piazza più importante: uno straordinario patrimonio d’arte; una drammatica ferita che ne ha segnato la storia recente; un nuovo corso politico in linea con la generale affermazione del centro destra e, qui, della Lega in particolare.
Paroli proviene dal mondo cattolico, anche se da un’esperienza diversa da quella della tradizione del cattolicesimo democratico che ha ispirato tanta parte della politica bresciana degli ultimi trent’anni. Un passato politico che continuamente suggerisce paragoni e confronti. Ma il sindaco non sembra preoccuparsene. Discontinuità è la parola con cui ha vinto ed è con questa stessa parola che da un anno e mezzo governa la città.
Ma a Brescia ci sono anche “primati” che sfuggono alle logiche degli schieramenti. Come quello della carità, dell’accoglienza, della solidarietà. Non si tratta solo del numero, davvero significativo, di cooperative sociali, organizzazioni di volontariato e associazioni, cattoliche e laiche, ma del loro radicamento in un contesto capace di generare ancora relazioni di prossimità, tessiture di carità, orientamenti pro-sociali.
La crisi economica e Brescia
Anche a Brescia la crisi economica fa sentire i suoi effetti. La rete diffusa delle piccole e medie imprese è in sofferenza, sono 60 mila i lavoratori interessati da periodi di cassa integrazione, 12 mila i disoccupati. «Anche se meno forte che altrove – ci dice il sindaco Paroli – la crisi si avverte proprio perché non ci siamo abituati». In un anno il calo della produzione ha raggiunto il 25,2 per cento. Solo in luglio e agosto hanno chiuso 36 impianti, e da gennaio i fallimenti hanno superato quota 150. Spariscono pezzi di storia industriale bresciana, che hanno contribuito a colorare il disegno di una provincia laboriosa. «Difendiamo il lavoro – si legge su un manifesto della Cisl che annuncia un’assemblea –. Scriviamo il futuro con un patto sociale capace di guardare oltre la crisi». Brescia non sembra disposta ad aspettare senza far niente. Pur nelle difficoltà, si attrezza al dopo.
Per una riscoperta della legalità
E c’è chi vorrebbe introdurre anche una riflessione sulla cultura della legalità. È vero che il popolo dei piccoli imprenditori è stretto nella morsa del fisco e delle banche ma «dalla nascita della Repubblica – ci spiega Giorgio Zubani, vice presidente Unionalimentari – il problema della legalità, dell’evasione fiscale non è mai stato risolto. Ognuno si arrangia». In un territorio caratterizzato dall’operosità, dalla passione per il lavoro, dalla ricca creatività, dall’iniziativa privata che non si appoggia sull’assistenzialismo dello Stato, dalla maggioranza di imprenditori seri e onesti, che stabiliscono un rapporto personale con i propri dipendenti, si presentano ancora vaste aree di illegalità: lavoro in nero, evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco da parte delle mafie che «danneggiano – aggiunge Zubani – le aziende sane e legali». La recente enciclica del papa e il richiamo alla necessità di un’etica dell’economia incoraggia gli imprenditori onesti, quelli che pagano le tasse, quelli che non hanno conflitti di interessi, che non esportano capitali all’estero e che pagano di persona per cambiare le cose.
In attesa del papa
Quasi certamente Benedetto XVI tornerà su questi temi nei discorsi che terrà qui domenica 8 novembre. Pochi ancora sono i segni della imminente visita del papa tedesco in ricordo di Paolo VI: qualche manifesto, la composizione di una scritta “benvenuto Benedetto XVI” con delle pietre colorate di giallo nel giardino davanti all’ingresso della sede bresciana della Regione Lombardia. Ben più seria, anche se più “interiore”, è la preparazione che sta avvenendo a Brescia con degli incontri formativi in vari luoghi della città, momenti di preghiera, un concerto e dei sussidi per favorire la conoscenza di Paolo VI, soprattutto per le nuove generazioni. Saranno tantissimi i bresciani che si stringeranno attorno al papa, in città, mentre a Concesio, paese natale di papa Montini, Benedetto XVI inaugurerà la nuova sede dell’Istituto Paolo VI. «C’è una grande attesa tra la gente – ci dice don Dino Osio, parroco di S. Antonino, a Concesio –, nella memoria di Paolo VI che non era un uomo chiuso e triste come è stato descritto, ma era vicino alla gente, aperto al dialogo con tutti».
«C’è stata – ci dice a sua volta Stefano Retali, sindaco di Concesio – una grande unità e comunione tra tutti, al di là delle difficoltà, che ha permesso di realizzare questa visita del papa». Le radici di Paolo VI sono qui, in questa Chiesa bresciana, ricca di “santi sociali”, da Giuseppe Tovini a Crocifissa Di Rosa, da Giovanni Piamarta ad Arcangelo Tadini e Lodovico Pavoni, per citarne solo alcuni. A loro si deve la fondazione di casse rurali, banche, scuole, società operaie, società di mutuo soccorso, giornali, case editrici, ospedali, opere per i giovani e aziende. Tutto nel nome del Vangelo, dell’attenzione alla persona, del vero amore cristiano, credibile, contagioso ed imitabile.
Ad attendere il papa ci saranno anche i Focolari bresciani, presenti nel territorio sin dai primi anni Cinquanta ed oggi attivi come “profeti dell’unità” con una rete di 500 animatori e cinque mila simpatizzanti. “Fraternità”, una parola a loro molto cara pronunciata per la prima volta da Giovanni Battista Montini nel 1954. Fraternità, ci sembra sia anche una delle parole chiave del futuro prossimo venturo da declinare in tutte le realtà umane e sociali, per una nuova “civiltà dell’amore”. Anche a Brescia.
Aurelio Molè
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Legami fraterni
Mons. Luciano Monari è vescovo di Brescia dal luglio del 2007 ed è vice presidente della Cei. Sua è la proposta di “Mano fraterna”, un insieme di iniziative a sostegno delle famiglie bresciane colpite dalla crisi.
Mons. Monari, c’è attesa per la visita del papa a Brescia?
«L’attesa e la curiosità ci sono da parte di tutti. Anche di quei pochi che la visita non la vorrebbero. Ci sono un rispetto e un affetto per il papa in quanto tale, e il fatto di aver avuto Paolo VI ha dato ai bresciani una solidità ed una profondità particolare».
La fede è solo il retaggio di una civiltà contadina o, anche oggi, in una società ricca come Brescia, è possibile incarnare la fede nella concretezza del vissuto?
«È la sfida che abbiamo davanti. Il discorso è abbastanza chiaro. L’incarnazione della fede è l’amore. I bresciani sono famosi per essere dei lavoratori accaniti. Il lavoro può esse-re vissuto nell’ottica puramente indi-viduale dell’arricchimento personale o può essere vissuto come dedizione alla società. In questo secondo caso c’è coerenza tra la fede e il vissuto, se siamo innestati nell’amore di Dio e viviamo legami di amore fraterno».
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La parola al sindaco
Adriano Paroli è sindaco di Brescia dall’aprile del 2008 e deputato al Parlamento italiano dal 1996. Viene dalle file di Comunione e liberazione».
Cosa la città si attende dal papa?
«C’è un’attesa che cresce non solo a Brescia, ma in tutto il territorio che è permeato di valori cristiani. L’incontro con il papa ci darà delle risposte sul vero senso della vita e la consapevolezza che solo con la fede si può abbracciare e comprendere la complessità della realtà».
Qual è la sua idea di città?
«Brescia è un laboratorio con una grande capacità di accoglienza. La mia idea di città è che sappia continuare nella direzione di una forte consapevolezza di appartenenza ad una comunità, rimanendo uniti».
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Speciale Brescia
Nel sito web di Città Nuova potete trovare le interviste complete di mons. Monari e del sindaco Paroli unitamente a quelle di: Stefano Retali (sindaco di Concesio), Mario Taccolini (storico), Michele Bonetti (Istituto Paolo VI), don Dino Osio (parroco di S. Antonino a Concesio), Papa Amadou Paul Diouf (immigrato del Senegal).