L’abbraccio delle Chiese sorelle

Parole di grande affetto e profondo rispetto sono state espresse anche dal mondo ecumenico, dal capo della chiesa anglicana al patriarca di Costantinopoli. Anche Hilarion metropolita della Chiesa ortodossa russa e il segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese esprimono la loro vicinanza e stima
Benedetto XVI ad Assisi

Parole di grande affetto e profondo rispetto sono state espresse anche dal mondo ecumenico per le dimissioni di papa Benedetto XVI. La notizia “bomba” ha raggiunto anche le sedi patriarcali, arcivescovili e ufficiali delle Chiese cristiane sorelle, sparse nel mondo. Tutti i maggiori leader cristiani hanno reagito con dichiarazioni che se da una parte sottolineano il grande rispetto per un gesto di coraggio, dall’altra ricordi e commenti sono quasi tutti velati da una certa tristezza.


Ci sono poi particolari significativi: prima ancora che le redazioni fossero invase da comunicati e dichiarazioni, il primo a prendere la parola «con il cuore gonfio» è stato il neo arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, leader della Comunione anglicana che dedica a papa Benedetto parole di profonda stima. Ha condotto la Chiesa – dice – «con una grande dignità, lungimiranza e coraggio – dimostrando – a noi tutti cosa può essere in concreto la vocazione della Sede di Roma, una testimonianza su scala universale del Vangelo e un messaggero di speranza». E nelle parole dell’arcivescovo Welby si rivedono le immagini di Benedetto XVI a Londra: molti erano preoccupati di quel viaggio nel profondo Nord ma alla fine il Papa riuscì a conquistarsi la stima di un popolo.  


Commoventi le parole del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I che dice di aver appreso con «tristezza» la rinuncia di papa Benedetto XVI perché – scrive – «avrebbe potuto con la sua saggezza e con la sua esperienza, dare ancora tanto alla Chiesa e al mondo. Noi, ortodossi – aggiunge Bartolomeo -, lo consideriamo come un amico della nostra Chiesa e come un fedele servitore della causa dell'unità di tutti». Sono passati sei anni da quando Benedetto XVI andò al Fanar: il Papa e il Patriarca si presentarono all’Europa l’uno accanto all’altro, leader di Chiese che sono sorelle e che quei giorni tornarono a respirare con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente.


Anche il Patriarcato ortodosso di Mosca si dice scosso dalle dimissioni di un partner di dialogo che ha sempre giocato un ruolo importante perché fedele e schietto. Un dialogo – quello tra Roma e Mosca – difficile, solcato da problemi che nel corso del tempo sono diventati problematici. «Mi hanno sempre colpito le sue risposte calme e ponderate – ricorda il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca -, la sua sensibilità per le questioni che abbiamo sollevato, la disponibilità a risolvere i problemi esistenti». Ospite spesso a Roma, il metropolita Hilarion ha potuto incontrare tre volte personalmente il Papa. «Ho potuto esporre al Papa nel dettaglio – ricorda il metropolita – la mia visione dei problemi che abbiamo incontrato nel dialogo cattolico-ortodosso. Ho una posizione piuttosto critica riguardo al corso di questo dialogo; l’ho esposta con franchezza al Papa, e da parte sua ho sempre trovato comprensione».


Ci sono ricordi personali anche nelle parole del reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese. Perché Benedetto XVI fu membro tra la fine degli anni ’60 e agli inizi degli anni ’70 della Commissione “Fede costituzione” come professore di teologia all’università di Tubinga. «Esprimo – dice Tveit – tutto il mio apprezzamento per il suo amore e per l’impegno speso per la Chiesa e il movimento ecumenico. Chiediamo a Dio che lo benedica in questo momento e in questa fase della sua vita e che guidi e benedica anche la Chiesa cattolica romana in questo tempo importante di transizione».
 

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