La prima volta di Ambrogio Lorenzetti

A Siena una rassegna a lui dedicata. La calda umanità, il realismo psicologico, il pathos avvolto dalla luce e visto sotto la luce
Ambrogio Lorenzetti crocifissione

Siena è una città-gioiello, di quelle che non si finisce mai di scoprire. La bellezza del duomo gotico, il fasto della Maestà di Duccio, i racconti della Libreria Piccolomini, le atmosfere lunari del Beccafumi, le scoperte sotto la cattedrale di un ciclo affrescato bizantino di eleganza straordinaria, e poi vie e piazze sui colli, danno l’immagine di una sinfonia squisitamente armonica. Ma i tesori non finiscono qui. Così, per la prima volta, Siena ospita fino al 21 gennaio a Santa Maria della Scala una rassegna dedicata ad Ambrogio Lorenzetti, fratello di Piero, un artista grande del secolo XIV, di cui conserva la maggior parte delle opere.

I contatti di Ambrogio sia con la pittura di Duccio e di Simone Martini oltre che con quella del fratello Piero sono constatabili facilmente nelle tipologie umane, nelle architetture, nell’impostazione dei dipinti. Ma egli si distingue progressivamente da loro per un sentimento di calda umanità, di realismo psicologico, di pathos in definitiva: avvolto dalla luce e visto sotto la luce.

Da qui deriva l’emozione che si prova di fronte alle sue opere. La piccola Crocifissione con Maria e Giovanni da Asciano è la visione dello Stabat della Madonna forse più intensa del Trecento senese. Il Cristo appena morto, il corpo snello e vero, il capo reclinato nell’ultimo gemito e l’espressione di infinita dolcezza, è contemplato da Maria in piedi, dolente ma non disperata. Maria è statuaria, un “monumento di virtù”. Ambrogio replicherà quest’immagine, ma forse non raggiungerà più una simile concentrazione luminosa di dolore e di amore.

Lo vediamo invece pieno di un sano realismo nella Madonna in trono col bambino dagli occhi grossi, un topos toscano, da San Casciano: una madre solenne che senza paura presenta il piccolo guardandoci bene in faccia come una donna regale. Un’altra volta la Madonna è una giovane madre che allatta il bambino (Museo Diocesano) che succhia avidamente dal seno. Nessuna regalità se non quella materna di chi dà la vita. C’è un affetto così bello e naturale nello sguardo di Maria che da solo dà vita a tutto il dipinto, a quei colori brillanti e preziosi tipici dell’arte senese.

La Vergine è una donna vera. Lo scopriamo quando Ambrogio a San Galgano a Montesiepi dipinge l’Annunciazione. L’affresco raffigura la scena consueta con lei che accetta, le braccia incrociate sul petto, la chiamata divina. Ma la sinopia scoperta raffigura invece il primo pensiero spontaneo dell’artista: una Maria spaventatissima che si ritrae sgomenta, poi, ovviamente, cambiata in quella più rassicurante dell’accettazione. Ma tutto ciò svela la capacità di Ambrogio di indagare l’animo umano. Come nel volto di Cristo (Trittico di san Procolo a Firenze), lontano e nello stesso tempo vicino, velato da un indicibile senso di tristezza.

Se pensiamo alle tendenze espressionistiche del fratello Piero – la Deposizione in san Francesco ad Assisi –, si osserva l’equilibrio di Ambrogio e l’attenzione alla vita della comunità. Non per nulla la mostra porta poi al Palazzo Pubblico, di fronte ai grandi affreschi del Buono e del Cattivo Governo con i loro frutti: un manifesto politico di estrema attualità, dove si narrano virtù e vizi dello Stato, povertà o ricchezza a seconda se regna o meno la pace vera.

Che Ambrogio fosse un lettore attento del reale lo dimostra il lacerto di un affresco dove per la prima volta si raffigura una Tempesta sopra una città tra nebbia e pioggia che ti fa sentire l’umidità e la paura. Così come nella Maestà della chiesa di Sant’Agostino il paradiso è un gruppo di amici pieni di affetto per la Madre amata col piccolo spaventato dalla gente e in quella francescana si sentono ancora i commenti dei borghesi e dei cavalieri mentre San Ludovico si fa frate. Gente viva, come adesso. Sotto una luce superiore, che tutto guida. Così è l’ottimista Ambrogio, portato via dalla peste nel 1348, e ora riscoperto per tutti nella sua città.

 

(catalogo Silvana Editoriale)

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