Vittoria di Putin, un’elezione contestata
All’indomani della scontata riconferma elettorale di Putin alla guida del Cremlino – il sondaggista indipendente Denis Volkov, in un’intervista a La Repubblica, ha confermato che l’80 per cento dei consensi era di fatto la percentuale attesa – la stampa russa dedica ovviamente ampio spazio al trionfo plebiscitario. La Komsomol’skaya Pravda titola a tutta pagina “Per Vladimir Putin oltre l’87%”. L’articolo è poi in realtà un resoconto delle percentuali ottenute senza indulgere in toni celebrativi; se non le dichiarazioni di qualche funzionario, su come il voto sia stato un successo nonostante la pressione anche internazionale a cui il Paese è sottoposto. Significativo poi che un paragrafo sia dedicato nello specifico al voto nel Donbass, la regione ucraina annessa alla Russia: di cui viene lodata l’elevata affluenza alle urne (prossima al 90 per cento), nonostante gli attacchi che le forze armate ucraine avrebbero compiuto contro i seggi.
A questo tema è infatti dedicato un secondo articolo, intitolato «Abbiamo fatto una scelta, nonostante i tentativi del nemico di intimidirci: il perché di un’affluenza da record nel Donbass e a Belgorod». L’articolo paragona queste elezioni al contestato referendum di dieci anni fa, con cui le regioni definite “della nuova Russia” hanno votato a favore dell’annessione a Mosca; e ora, scrive Aleksandr Koc, «in occasione delle prime elezioni presidenziali nella Federazione Russa, i residenti delle “nuove regioni” hanno compiuto l’ultimo passo verso la loro patria. Si sono assicurati il diritto di parlare la propria lingua, di onorare i loro eroi e la loro storia. Questo è esattamente ciò che indica l’elevata affluenza alle urne».
La Novaja Gazeta, storico giornale d’opposizione, oltre a dare le percentuali del voto fa notare che a Belgorod, dove il consenso per Putin ha superato il 90 per cento, «secondo il ministero degli Interni nei tre giorni delle elezioni sono rimaste uccise 10 persone, e 68 sono rimaste ferite»: insomma, dire che tutto è andato bene pare eccessivo.
Il Kommersant dedica un lungo speciale alle elezioni, in cui si sottolinea soprattutto – con le parole della direttrice della commissione elettorale centrale, Ella Pamfilova – l’affluenza record alle urne, il 77,44 per cento: un dato in effetti considerato centrale per dimostrare come il consenso a Putin non sia frutto del voto di una minoranza di fedelissimi semplicemente perché i contrari disertano le urne, ma diffuso tra la popolazione.
Nella terra dei “nemici storici”, gli Stati Uniti, la narrativa è ovviamente nettamente diversa. Il Washington Post apre la sezione dedicata alle elezioni russe con un articolo sulle proteste lanciate da Naval’nyj prima della sua morte, in particolare a Berlino; e su come nel Donbass l’affluenza sarebbe stata invece frutto delle pressioni sulla popolazione da parte dell’esercito russo. Il commentatore Ishan Tharoor colloca poi le elezioni in Russia nel più vasto contesto mondiale: secondo una ricerca di V-Dem, ben 35 Paesi (contro i 16 del 2019) non godrebbero di un sistema elettorale davvero equo – tra cui l’India. Motivo di allarme dunque, dato che si tratta di Paesi molto popolosi. Il New York Times afferma che Putin userà questa vittoria per «giustificare ulteriori aggressioni in Ucraina», e che «molti russi sono preoccupati per che cosa accadrà adesso».
Al di là dell’Atlantico, in Inghilterra, anche il Guardian raccoglie le reazioni critiche dei leader occidentali alla vittoria di Putin; e l’Independent arriva ad affermare che «Putin minaccia la Nato con la Terza Guerra Mondiale nel rivedicare l’87 per cento dei consensi in una elezione farsa». Simile il titolo dello spagnolo El Paìs, «Putin riafferma il suo potere dopo la farsa elettorale»; nonché le posizioni espresse sulla tedesca Die Zeit, che titola «Putin rimane al potere», evidenziando l’irregolarità di un’elezione da cui sono stati esclusi gli oppositori.
Interessante l’iniziativa del francese Le Monde, che ha predisposto uno spazio per domande dirette al corrispondente da Mosca Benoit Vitkine. Tra le tante, da segnalare quella sul sostegno o meno dei giovani a Putin: secondo Viktine, c’è sì una divisione generazionale tra gli anziani e giovani, più attenti ai temi delle libertà fondamentali, «ma non va sovrastimata». Molti, di fatto, «non sono dei feroci oppositori: alcuni aderiscono alla retorica di potere, altri conservano una lontana indifferenza».