La vittoria di Inarritu
Trionfa nella notte degli Oscar Birdman di Alejandro Gonzàlez Inarritu, miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia. Quattro statuette delle nove nomination, ma ben forti per un racconto in piano sequenza nero, graffiante di un attore che cerca di rifarsi la vita: metafora surreale e sopra le righe della voglia di ricominciare.
Ancora una commedia, ma questa volta gioiosa, Grand Budapest Hotel, delle nove candidature proposte è riuscito a prendersene ben quattro di carattere tecnico, di cui una per i costumi affidati alla nostra Milena Canonero, al suo quarto Academy Award.
Previsto l’Oscar come miglior attrice protagonista a Julianne Moore, sensibilissima interprete di Still Alice, come pure ad Eddie Redmayne nel ruolo dell’astrofisico in La teoria del tutto: i film sulla malattia colpiscono sempre i giurati degli Oscar, teneri di cuore…
I vincitori non protagonisti eccoli: Patricia Arquette, la madre single di Boyhood e J.K.Simmons terribile docente in Whiplash.
Meritatamente è il polacco Ida il vincitore del miglior film straniero, bellissima storia del dopoguerra, mentre il superfavorito The Imitation Game con ben otto nomination ha avuto il premio per la miglior sceneggiatura non originale.
Inspiegabilmente, un solo Oscar per gli effetti speciali al vecchio Eastwood e al suo American Sniper, forse perché tocca corde americane troppo sensibili…
In definitiva, vince l’umorismo nero, la metafora della vita come possibilità di recupero dal fallimento, dalla malattia e dalla morte. Hollywood lentamente guarda in positivo.