La vittoria a tutti i Kostelic
C’era una volta, all’inizio degli anni Novanta, una famiglia un po’ stravagante. Viveva in un furgone scalcinato che fungeva da cucina, dormitorio, sala riunioni. Giravano l’Europa, arrancando sulle salite, sempre in cerca di neve. In estate dormivano fuori, ai piedi dei ghiacciai, nei sacchi a pelo; in inverno si stringevano dentro il pulmino. Papà Ante aveva le idee chiare in fatto di sport: nella pallamano era stato un campione, quattro anni a Cannes a divertire col suo talento i tifosi della C’era una volta, all’inizio degli anni Novanta, una famiglia un po’ stravagante. Viveva in un furgone scalcinato che fungeva da cucina, dormitorio, sala riunioni. Giravano l’Europa, arrancando sulle salite, sempre in cerca di neve. In estate dormivano fuori, ai piedi dei ghiacciai, nei sacchi a pelo; in inverno si stringevano dentro il pulmino. Papà Ante aveva le idee chiare in fatto di sport: nella pallamano era stato un campione, quattro anni a Cannes a divertire col suo talento i tifosi della Costa Azzurra. Finì col fare l’allenatore, prima nella pallamano, poi nella pallanuoto: un soggetto niente facile, severo, puntiglioso, esigente, temuto e amato dai giocatori, invidiato e criticato dai colleghi. Il suo vero sogno però era stato lo sci, che aveva amato sin da ragazzo, conquistando, con l’ex-Jugoslavia, la tuta della squadra B. La passione di un padre, ed il suo intuito di talent- scout, trovò presto modo di riversarsi sui figli, con il consenso di mamma Marica, pure lei campionessa di pallamano, in nazionale ai Giochi di Mosca ’80. La modestia delle stazioni sciistiche croate, e la conseguente assenza di qualsiasi tradizione sportiva in questo settore, li portò a fare tutto da soli, per anni, con una vita da globetrotters. Pur vivendo di panini, per risparmiare soldi necessari per l’attrezzatura, la piccola Janica, anno ’82, conobbe presto la strada della vittoria, conquistando Trofeo Topolino, Pinocchio sugli sci, manifestazioni inventate Italia ed universalmente riconosciute come veri propri campionati mondiali di categoria. Ed il fratello Ivica, anno ’79, non da meno. “Un po’ di sacrifici non fanno mai male spiega ancora oggi il padre -, ti insegnano a dare valore alle cose. Ma ciò che conta è avere le idee chiare: nello sci significa capire qual è la via tecnica da seguire, su quali particolari concentrarsi e non perdere tempo in cose inutili”. Per non perdere tempo, e denaro, il “clan” Kostelic, che ormai non passava più inosservato, comincia ad organizzarsi: alla madre non tocca solo tenere alto il morale e lavare montagne di tute, ma pure l’incarico di addetto alle pub- bliche relazioni. Gara dopo gara, Ante, incurante di passare per visionario e per padre romantico, accecato dall’amore per i figli, andava ripetendo, ignorando ogni scaramanzia: “Janica vincerà la Coppa del Mondo e l’Olimpiade”. I “professori” del circo bianco cominciarono a ricredersi quando Janica, a 16 anni, debuttò in Coppa del mondo e conquistò l’ottavo posto in combinata ai Giochi Olimpici di Nagano. Quando tutto lasciava presagire una parabola di trionfi, sulla neve di St. Moritz, proprio all’inizio di stagione, Janica cade nelle prove di discesa ed il ginocchio destro si sfascia totalmente. Tutti parlano di carriera spezzata, ancor prima di cominciare. Sei ore di intervento, mesi di inabilità, altri interventi, dolore e fatica sono sopportati e vissuti a testa alta. Janica non molla: lei che si imbestialisce quando gli sci non scorrono come vuole o quando le giunge qualche allusione sulla sua poca femminilità, incanala tutta la sua rabbia per ridare vita a quel ginocchio ricamato di cicatrici. E dopo un anno è in pista: la coppa del mondo assoluta 2001 è sua, grazie al record assoluto stabilito in slalom, otto vittorie in nove gare. Attorno a lei cresce l’ammirazione, ma altrettanto l’invidia: sospetti di doping vengono gettati sui suoi risultati. Non mancano critiche per la residenza trasferita a Montecarlo, onde mettere al sicuro il budget milionario del clan Kostelic, ormai divenuto un’azienda, identificata con la stessa federazione croata di sci: venti atleti e ventitré dipendenti, fra tecnici e personale, con un bilancio di due milioni di euro, oltre al milione di sponsorizzazioni che ricavano da soli Janica ed Ivica. Nell’estate 2001 un altro calvario: tre interventi, stavolta al ginocchio sinistro, che sembrano di nuovo pregiudicare la stagione. Ancora fatica, ancora sofferenza, ancora tenacia e passione. Tra le mani un libro: Parole del cuore, a scandire e guidare i giorni. Ai Giochi di Salt Lake City Janica è quotata come una outsider. Alla fine sbanca: tre ori ed un argento, meglio di Killy e Sailer. Janica sorride di nuovo, con le sue medaglie al collo: sa che in Croazia le immagini delle sue imprese hanno sfondato ogni tetto di audience televisiva, ma non immagina che 250 mila persone l’aspetteranno in piazza a Zagabria. Ivica intanto, conosciuto come il menestrello del circo bianco per aver la chitarra sempre in mano, conquistava la coppa del mondo di slalom, con tre vittorie di specialità, anche se pure lui, negli ultimi anni ha trascorso più tempo in ospedale che sulla neve. “Il segreto – spiega Ante – è farli allenare assieme il più possibile: quando Janica, in discesa, prende due secondi dal fratello non può certo montarsi la testa ”. La logica dei panini al freddo e dei sacchi a pelo. La nuova stagione che si è aperta non sembra lasciare dubbi. “La solita Kostelic” titolano i quotidiani sportivi: Janica, a colpi di successi ha già allungato le mani sulla coppa del mondo.